Yusuf nel Corano – Sura XII
Osservazioni e riflessioni sul parallelismo tra Corano (Trad. H. Piccardo) e Bibbia (NR2006)
Il corano dedica l’intera Sura XII alla storia di Yusuf (Giuseppe), come detto al v. 3 è «la piu’ bella delle storie» mentre per la Bibbia la sua storia si estende su vari capitoli (essenzialmente Ge 37 e 39-45) ed è inserita nell’ambito della discendenza di suo padre Giacobbe « Questa è la discendenza di Giacobbe (אֵ֣לֶּה׀ תֹּלְד֣וֹת יַעֲקֹ֗ב). Giuseppe, all’età di diciassette anni, pascolava il gregge con i suoi fratelli. Egli era giovane e stava con i figli di Bila e con i figli di Zilpa, mogli di suo padre.» (Ge 37,2)
Al v. 5 del racconto coranico entra in scena Satana (Ash-shaytan) per bocca del saggio Giacobbe, padre e maestro «In verità Satana è per l’uomo un nemico evidente.» Se il riferimento tende in qualche modo a discolpare i fratelli di Giuseppe, il testo biblico trascura il riferimento e attribuisce più volte gli accadimenti ad un disegno divino (cfr. 45,7 «Ma Dio mi ha mandato qui prima di voi»).
Interessante al v. 6 della Sura «Ti sceglierà così il tuo Signore e ti insegnerà l’interpretazione dei sogni e completerà la Sua grazia su di te e sulla famiglia di Giacobbe, come già prima di te la completò sui tuoi due avi Abramo e Isacco.» e di nuovo al v. 21 «Stabilimmo così Giuseppe in quella terra, affinché imparasse da Noi l’interpretazione dei sogni. Allah ha il predominio nei Suoi disegni…». La figura di Giacobbe resta quasi in secondo piano rispetto al Giuseppe ‘scelto’ per completare ‘la Sua grazia’. Nel testo biblico invece «Israele amava Giuseppe più di tutti gli altri suoi figli, perché era il figlio della sua vecchiaia» (Ge 37,3) anche se è Dio che gli assegna un ruolo speciale, mantenendo inalterato il rispetto per il vecchio patriarca.
Al v. 8 della Sura vediamo i fratelli dire «Giuseppe e suo fratello sono più cari a nostro padre», si sottolinea il ruolo deleterio della ‘gelosia’ e della ‘superbia’, tra i mali principali che danneggiano la fede di una persona, anche devota. Il diavolo (‘Ash-shaytan’ nel testo in lingua araba) ne è l’espressione peculiare, col suo vanto di superiorità per essere ‘fatto di luce e non di fango’, invitato da Dio a prostrarsi insieme agli altri angeli di fronte alla sapienza dell’uomo, egli si rifiuta (“…tutti si prosternarono eccetto Iblîs, che rifiutò per orgoglio e fu tra i miscredenti”[1]). Il testo biblico è ancora più esplicito e afferma (Ge 37,5) «allora questi lo odiarono più che mai» e ancora (Ge 37,8) «E l’odiarono ancor di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole.» per poi specificare «I suoi fratelli erano invidiosi di lui» (Ge 37,11), in somiglianza al testo coranico.
Per alcuni aspetti la Sura, essendo più breve (111 versetti in tutto), è anche meno specifica. Al v. 10 non si specifica chi salvò Giuseppe dalla fine violenta «Uno di loro prese la parola e disse: “Non uccidete Giuseppe. Se proprio avete deciso, gettatelo piuttosto in fondo alla cisterna, ché possa ritrovarlo qualche carovana”.» per poi specificare che la vendita per «qualche pezzo d’argento» venne operata dalla ‘carovana’ (v. 19 «Giunse una carovana…» e v. 20 «Lo vendettero a basso prezzo, qualche pezzo d’argento, e furono in ciò deprezzatori». Il testo biblico specifica che «Ruben udì e lo liberò dalle loro mani dicendo: “Non togliamogli la vita” (Ge 37,21) e «Giuda disse ai suoi fratelli: “Che ci guadagneremo a uccidere nostro fratello… “ (Ge 37,26) per poi però concludere «Come quei mercanti madianiti passavano, essi tirarono su Giuseppe, lo fecero salire dalla cisterna, e lo vendettero per venti sicli d’argento a quegl’Ismaeliti. …» (Ge 37,28).
Particolare, nella Sura, anche l’atteggiamento di Giacobbe, che sembra non credere al racconto teatrale dei suoi stessi figli. Egli esclama: «I vostri animi vi hanno suggerito un misfatto. Bella pazienza … mi rivolgo a Allah contro quello che raccontate» (v. 18). Molto più tardi, ad anni di distanza, il suo dolore per la perdita del figlio risulta comunque enorme, al punto di indurlo a diventare cieco «”Ahimé! Quanto mi dolgo per Giuseppe!”. Sbiancarono i suoi occhi per la tristezza e fu sopraffatto dal dispiacere» (v. 84). Nella Genesi il dolore atroce è espresso da subito e lascia poco spazio a perplessità «Allora Giacobbe si stracciò le vesti, si vestì di sacco e fece cordoglio di suo figlio per molti giorni. 35 Tutti i suoi figli e tutte le sue figlie vennero a consolarlo; ma egli rifiutò di essere consolato, e disse: «Io scenderò con cordoglio da mio figlio, nel soggiorno dei morti». E suo padre lo pianse.» (Ge 37,34-35). E’ però degno di menzione che Giacobbe non credette ai figli quando gli raccontarono di aver ritrovato Giuseppe in Egitto (Ge 45,26) «Ma il suo cuore rimase freddo, perché egli non credeva loro.»
Al v. 23 della Sura entra in gioco il personaggio della moglie del padrone, altrove chiamata Soleiha che, invaghita di Giuseppe, esclama «Avvenne che colei nella cui casa egli si trovava s’innamorò di lui. Chiuse le porte e gli disse: “Accostati a me!”». Interessante il parallelo biblico di Ge 39,7 , dove «la moglie del padrone di Giuseppe gli mise gli occhi addosso e gli disse: “Unisciti a me!”, con parole apparentemente più esplicite. La risposta di Giuseppe è virtuosa in entrambi i casi: breve nella Sura «Disse: “Che Allah non voglia!”» e in linea col testo coranico precedente nella risposta biblica «Giuseppe non acconsentì a unirsi né a stare con lei.» (Ge 39,10), si noti il diniego anche al più moderato «stare con lei».
La situazione precipita improvvisamente, il Corano esplicita (v. 25) «Entrambi corsero verso la porta, [lei] gli strappò la camicia da dietro. Alla porta incontrarono il marito di lei.» aggiungendo il dettaglio del lato dello strappo. Questa volta è il testo biblico (Ge 39,12) «Ma egli le lasciò in mano la veste e fuggì.» ad essere meno specifico e sembra parlare dell’intera veste. Secondo la Bibbia Giuseppe a questo punto finisce direttamente in prigione, mentre la Sura aggiunge una serie di episodi sul complotto ordito dal gruppo di donne riunito a giudicare imparzialmente la bellezza di Giuseppe. Anche nella Sura, così come nel testo biblico, Giuseppe ne esce in modo moralmente irriprovevole. I vv. 27-28 aggiungono : « “…se invece la camicia è strappata sul dietro, ella mente ed egli dice la verità”. 28 Vista la camicia che era strappata sul dietro, disse: “E’ certamente un’astuzia di femmine!”». Al v. 35 si riconosce: «E così, nonostante avessero avuto le prove, credettero [fosse bene] imprigionarlo per un certo periodo.»
La Sura torna ad essere vaga a proposito dei due compagni di prigionia di Giuseppe (v. 36): «Insieme con lui entrarono in prigione due giovani.». La Bibbia qui è decisamente più precisa e i «due giovani» diventano «il capo dei coppieri» e il «capo dei panettieri». Ge 40,3-4 afferma «Il faraone s’indignò contro i suoi due ufficiali, contro il capo dei coppieri e il capo dei panettieri; 3 e li fece mettere in carcere nella casa del capo delle guardie, nella stessa prigione dove Giuseppe stava rinchiuso».
Precisa ma molto concisa, nella Sura, è l’interpretazione dei due sogni (v. 41): «O miei compagni di prigione, uno di voi due verserà il vino al suo signore, l’altro sarà crocifisso e gli uccelli beccheranno la sua testa.» Molto più lunga e dettagliata è la doppia spiegazione secondo il testo biblico (occupato tutto Ge 40, 9-19). Al v. 42 della Sura il breve «Ricordami presso il tuo signore» è legato al peccato di sfiducia di Giuseppe nei confronti di Dio. Il testo commenta, subito dopo: «Satana fece sì che dimenticasse di ricordarlo al suo signore . Giuseppe restò quindi in prigione per altri anni.» facendo tornare in gioco Satana. Il testo biblico (Ge 40,23) non riconosce a Satana questo ruolo ma riporta «Il gran coppiere però non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.»
Il v. 53 della Sura riporta un dettaglio sulla sottomissione completa di Giuseppe, servitore di Dio, alla Sua volontà: «Non voglio assolvere me stesso! In verità l’anima è propensa al male, a meno che il mio Signore per la misericordia [non la preservi dal peccato]. In verità il mio Signore è perdonatore, misericordioso.» Nell’Islam si parla di mancanza dell’«ego» del profeta. Sullo stesso tono il testo biblico (Ge 40,16) «Giuseppe rispose al faraone dicendo: “Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole”.» dove il merito va unicamente a Dio e non al suo profeta o messaggero.
Prima di giungere al finale di Sura, si apprezza il dettaglio del v. 69 «E quando furono introdotti da Giuseppe, questi trasse in disparte suo fratello [Beniamino] e gli disse: “Io sono tuo fratello, non essere dunque triste per quello che mi hanno fatto”.» dove il fratello diretto di Giuseppe assume un ruolo privilegiato (che il testo biblico, in questo caso, non gli attribuisce).
Il testo biblico, contrariamente alla Sura coranica, insiste ripetutamente sulle forti emozioni provate da Giuseppe, che piange per ben sei volte, fino al culmine del riconoscimento (Ge 45,19-20) «Poi si gettò al collo di Beniamino, suo fratello, e pianse; e Beniamino pianse sul collo di lui. 15 Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo.».
Il Corano menziona un evento miracoloso ai vv. 93 e 96 «Andate con questa mia camicia e posatela sul viso di mio padre: riacquisterà la vista. Conducetemi tutta la vostra gente.» e poi «Quando giunse il latore della buona novella, pose la camicia sul volto di [Giacobbe]. Egli riacquistò la vista…». Il particolare manca nel testo biblico.
Nel finale coranico la famiglia si riunisce con grande giubilo (v.100 «Fece salire i suoi genitori sul suo trono e [tutti] caddero in prosternazione. …»), il bene vince sul male e sui cattivi propositi e viene invocato il privilegio di servire Dio (v. 101, «Fammi morire musulmano e ponimi tra i devoti!») e di opporsi a Satana ed ai suoi propositi. Nel finale biblico Dio stesso cancella l’incertezza e intima (Ge 46,3) «Dio disse: “Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché là ti farò diventare una grande nazione”». Mentre Giacobbe giunge alla soddisfazione personale completa «Israele disse a Giuseppe: “Ora, che io muoia pure, giacché ho visto il tuo volto e tu vivi ancora!”.» (Ge 46,30).
Se secondo il Corano a entrare in Egitto sono prevalentemente il «padre e la madre» (v. 99), la Bibbia (il Testo Masoretico) fa un preciso elenco per arrivare ad un totale di 70 persone (Ge 46,27 «Il totale delle persone della famiglia di Giacobbe che vennero in Egitto era di settanta.»). Questo numero non è esente da problemi perché non è coerente con altri testi biblici (ad esempio la ricostruzione menzionata da Stefano nel libro di Atti), forse per questo la LXX ‘aggiusta’ in un forse più consono ἑβδομήκοντα πέντε (75).
Il parallelo tra i due racconti, per come riportato nei due libri ispirati, è oltremodo ricco di stimoli e di mutue precisazioni che spaziano dai dettagli di cronaca minuta, qualche volta, alla più precisa realizzazione dei piani divini descritti e spiegati in modo esteso.
Breve bibliografia
- Il Sacro Corano – Traduzione interpretativa in italiano – Hamza Piccardo
- La Sacra Bibbia – Ed. Nuova Riveduta (2006)
- Septuaginta – Rahlfs-Hanhart – Ed. Deutsche Bibelgesellschaf
[1] Il Corano, Sura 1,34 Al baqara. Iblîs è un altro nome identificativo di Satana.