I silenzi di Karol Woitila
Guerra e pace

Sulla risposta armata al terrorismo papa Wojtyla tace. Fa però parlare i vescovi americani. E fa blocco con la linea dura della gerarchia. Con gran delusione dei pacifisti

di Sandro Magister

(Dall’”Espresso” del 13 dicembre 2001, titolo originale “Parla il papa, ma chi lo ascolta?) 

Giovanni Paolo II è insolitamente silenzioso. Lui che dieci anni fa fece campagna pubblica contro la guerra americana nel Golfo, oggi tace sulla guerra di George W. Bush in Afghanistan. Lui che negli anni Ottanta gridò forte a favore dei cristiani perseguitati dall’«impero del male» comunista, oggi mette la sordina sui massacri patiti dai suoi fedeli per mano di islamici in Indonesia, nelle Filippine, in Sudan, in Nigeria. Con 160 mila vittime in un anno, stando all’ultimo rapporto dell’”Aiuto alla Chiesa che soffre”, e centinaia di missionari uccisi in un decennio. Taciturno e spaesato. Così a molti appare oggi il papa. Perché anche quando parla, pochi lo seguono. Gli ultimi suoi mea culpa, sugli «errori» dei missionari di una volta in Cina e sugli «abusi» della Chiesa con gli aborigeni australiani, hanno sollevato molte più perplessità che consensi. Neppure ha prodotto entusiasmi il suo annuncio per il 24 gennaio di una Assisi bis, con i rappresentanti di tutte le religioni chiamati a pregare in parallelo ciascuno il proprio Dio, come già nel 1986. E neppure l’indizione di un digiuno per la pace, venerdì 14 dicembre: la coincidenza con l’ultimo giorno del Ramadan è stata giudicata da molti capi di Chiesa un segno di confusione. Tant’è vero che gli applausi più rumorosi a questo doppio annuncio papale sono venuti da esterni: in Italia da Grazia Francescato e Fausto Bertinotti. In breve, se le fortune di Giovanni Paolo II hanno toccato lo zenit con il Giubileo del 2000 e con le giornate mondiali della gioventù, oggi la ruota sembra aver girato a suo sfavore. Sia nel concerto delle nazioni che dentro la Chiesa. Dopo l’11 settembre la Cina si è riavvicinata persino a Washington, ma continua a far muso duro al Vaticano (v. scheda più sotto). Mentre nella Chiesa si sentono traditi dal papa soprattutto i progressisti e i pacifisti. Che infatti hanno smesso del tutto d’appellarsi a lui, dopo aver cercato inizialmente di girare i suoi silenzi a sostegno delle proprie tesi antiguerra. Una prova è “Famiglia Cristiana”, il diffusissimo settimanale dei religiosi paolini, che dopo il suo recente restyling ha assunto una linea spiccatamente pacifista. Firmano i suoi editoriali padre Alex Zanotelli e don Albino Bizzotto, guru dei cattolici d’extrasinistra, oppure i vescovi antiglobal Diego Bona e Cosmo Francesco Ruppi. Per il papa l’ossequio è sempre più tiepido. Quanto poi al cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale, con lui è gelo. In effetti, i cattolici progressisti e pacifisti rimproverano a Giovanni Paolo II soprattutto d’aver fatto blocco con l’ala dura dei conservatori. Con i nuovi leader dell’episcopato anglomaricano più gli intramontabili Ruini e Joseph Ratzinger. Ed è così. Contrariamente al passato, quando era lui di persona a pronunciarsi su una guerra, questa volta il papa ha deciso di far parlare i vescovi della nazione in prima linea nel nuovo conflitto, gli Stati Uniti. I quali si sono fatti avvocati della guerra «giusta» con un documento votato a maggioranza schiacciante, 176 contro 4, unica voce discorde quella del vescovo da sempre pacifista Thomas Gumbleton. Ma non soltanto il papa ha sottoscritto, di fatto, questo orientamento. Giovanni Paolo II ha trovato in Bush junior un alleato chiave anche nella sua battaglia planetaria contro l’aborto di Stato, l’eutanasia, l’uso degli embrioni. Tutto l’opposto di quanto avveniva con la presidenza di Bill Clinton. Bush ha incluso nel suo staff personalità cattoliche molto vicine a papa Karol Wojtyla: dal nuovo ambasciatore Usa all’Onu John Negroponte, alla politologa di Harvard Mary Ann Glendon. Al di qua dell’Atlantico, Ratzinger, Ruini e la nuova star della Chiesa d’Inghilterra, cardinale Cormac Murphy-O’Connor, danno spessore strategico a questo orientamento. Credono tutti nella fondatezza dell’analisi di Samuel Huntington, secondo cui il nuovo secolo è all’insegna dello «scontro delle civiltà». E ancor più credono che si debba rafforzare, non diluire, l’identità «cristiana» dell’Occidente. Con la sua preghiera multireligosa ad Assisi Giovanni Paolo II non è del tutto in linea. Ma a un papa così, questa la perdonano volentieri.

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