Sbarramenti dell'incultura
TREVISO
«No
extracomunitari e zingari»
IL
CASO Gli sbarramenti dell'incultura
Qualcuno
che, per ragioni anagrafice, avrebbe potuto ricordarlo, per ragioni politiche lo ha
dimenticato in fretta e ne ha dato prova la scorsa settimana, durante la vicenda dei
magrebini sfrattati e costretti a dormire sotto il colonnato del Duomo. Ma proprio in quei
giorni, chi tutto questo lo ha patito sulla propria pelle, si è fatto vivo per raccontare
e per ammonire gli intolleranti. Per rinfrescare la memoria a chi l'avesse... voluta
perdere, potrebbe bastare la foto che pubblichiamo e che è stata scattata domenica dal
nostro reporter.
Per
vedere il capolavoro "dal vivo", basta andare nelle nostre ricche campagne,
magari dalle parti di Zero Branco, dove, tra una "caccia al boa" e una festa
strapaesana inneggiante al dio peperone, le colture producono ricchezza economica e,
talvolta, incultura sociale. Da queste parti come altrove, sorgono dei veri e propri
fortilizi, casematte da «Linea Maginot del buonsenso» che sbarrano il passo al nemico,
per difendere la «casa» e la «roba».
Chi
è il nemico? Rubando le parole a un noto giornalista-scrittore, passato per Treviso nei
giorni in cui Gentilini, per evitare l'annacquamento della Razza Piave, le dava da bere
dosi massicce di intolleranza, il nemico sono «Lòri». Lòri chi? «Lòri». Ovvero
«gli altri». Inutile dire che i cartelli non riescono a tener lontani i ladri e che,
quindi, l'altolà espresso dall'anonimo rappresentante della tribù dei Razzapiave (più
Sile che altro) è uno sbarramento ideologico più che un deterrente per chi volesse
intrufolarsi nel Sancta Sanctorum del radicchio precoce e del peperone quadrato. Qualcosa
di simile si dev'essere visto anche in Sudafrica ai tempi dell'apartheid, con i risultati
che ben conosciamo e con intolleranze rovesciate e cruente.
Guardiamo
dunque quel cartello, appeso a una «signorile» cancellata in ferro battuto che sbarra il
passo all'entrata di una grande casa colonica, preannunciata da uno pseudogarage che
custodisce il gippone-status-symbol. C'è scritto «No extracomunitari, no zingari - e, in
testa al tutto - no testimoni di Geova», considerati quindi un'etnia e non una religione.
Il
divieto d'ingresso ai cani? Quello no: i cani sono all'interno. Magari zannuti, a difesa
della «roba», come testimonia il cartello «attenti al cane» lasciato a monito di chi
volesse tentare di intrufolarsi nel tempio del benessere che profuma ancora di
recentissime «polente e scopetòn». Alle quali si ha ancora il timore di tornare per
colpa di «testimoni di Geova, extracomunitari e zingari».
Gli
unici ad aver fatto il salto di qualità, in questo tipo di cultura, sono loro: i cani.
Meglio se da difesa o da combattimento. Meglio se Razzapiave, magari con un fiuto
particolare per testimoni di Geova, extracomunitari e zingari.
Sono
passati dall'altra parte della barricata e adesso azzannano gli antichi compagni di
sventura.
http://www.tribunatreviso.quotidianiespresso.it/tribunatreviso/arch_03/treviso/cronaca/tc303.htm
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