Spettri in Vaticano

Quegli spettri oscuri in Vaticano Esce Le colpe dei papi, un forte j'accuse verso la tendenza alla repressione della modernità da parte della Chiesa. Scritto da uno storico cattolicissimo.di Diego Gabutti

MILANO - Sempre lo stesso spettro s'aggira per le aule e i giardini vaticani: il fantasma del "modernismo", lo spettro della modernità. Ai tempi del "modernismo" storico, a cavallo tra l'Otto e il Novecento, erano la critica vetero e neotestamentaria, le indagini storiche sulla figura di Gesù e la storia naturale dei dogmi a minacciare le antiche difese dei papi, barricati nella loro fortezza plurimillenaria.  Prima ancora c'era stata l'irruzione del protestantesimo, quindi il lungo assedio delle scienze e delle arti rinascimentali, infine l'empietà illuminista e l'età atea delle rivoluzioni avevano tentato l'affondo finale. Oggi è di nuovo la natura stessa del mondo, come all'epoca di Galileo e di Giordano Bruno, a tenere sotto schiaffo il Vaticano e gli equilibristi irriducibili della teologia offesa. Garry Wills, americano, cattolicissimo, biografo di Sant'Agostino e storico delle culture, illustra in un bel libro tradotto da Garzanti, Le colpe dei papi, le minacciose armi dottrinali, meglio le vere e proprie "strutture dell'inganno" con le quali la chiesa romana si sforza, anche dopo aver cancellato San Giorgio dall'annuario dei santi, d'abbattere il drago della modernità: fantasie prescientifiche sulla natura della sessualità, gioco delle tre carte teologico sulla questione ebraica e sull'antisemitismo, strilli isterici sul ruolo della donna nel teatrino della salvazione, culto mariano diffuso con una tecnica da agitprop miracolistico, tripli salti mortali sul problema del controllo delle nascite.  Garry Wills dimostra (con linguaggio giornalistico, insieme sobrio e brutale, privo d'eleganza ma efficace) che la chiesa, quando liquida i problemi del momento con una delle sue soluzioni pomposamente retrò per lo più sta taroccando la sua propria storia e la sua propria dogmatica, come facevano ai tempi di Baffone Re i redattori dell'Enciclopedia sovietica, instancabili revisori della teoria marxista e ritoccatori senza rete della storia rivoluzionaria. Con l'aria di rifarsi al canone, ostentando con voce ispirata d'appellarsi a qualche antica "tradizione", a questo o quel padre della chiesa, a questo o quel passo biblico, a questo o quel vangelo, in realtà è sempre a qualche improvvisazione recente, nata per contrastare in qualche modo gli assalti di tutte le modernità, che la chiesa s'aggrappa, come un naufrago a una gomena che non c'è.  È farina macinata da poco l'idea che la cristianità fin dall'origine sia stata teologicamente ostile alla contraccezione e alla sessualità fine a se stessa. È roba relativamente recente, per di più scippata ai peggiori parrucconi ebrei e pagani dei primi secoli, la devastante dottrina dell'inferiorità, anzi dell'impurità della donna: le donne nei vangeli giocano al contrario un ruolo di primo piano, fianco a fianco con gli apostoli maschi, e spesso sono più vicine al boss di Pietro e degli altri, come dopo la resurrezione, quando Gesù le prende da parte e racconta le novità a loro per prime. Non sta scritto insomma da nessuna parte che una donna (mettiamo che gliene venga l'uzzolo) non possa celebrare messa.  Come non sta scritto da nessuna parte che quello del sacerdote sia per forza un ruolo specializzato. Non sta scritto neppure che il sacerdote debba essere per forza celibe e che in ragione della sua scarsa esperienza abbia il diritto di ficcare il naso negli affaracci della sessualità altrui. Sono tutte innovazioni, quale recentissima, quale recente, quale remota, ma nondimeno novità, ché tali sono state tutte le tradizioni, prima di mettere su arie. Non c'è, inoltre, una parola sola nei vangeli contro gli ebrei in quanto tali. Anzi il Gesù evangelico, morendo, invoca il perdono su coloro che lo stanno uccidendo, ebrei o romani che siano, in quanto non sanno quel che fanno: era già tutto dimenticato, e una pietra sopra, prima ancora che la passione fosse finita, quando la croce era ancora in piedi là sul Golgota. Eppure, comunque oggi si rigirino le carte, la condanna degli ebrei, assassini di dio, negatori del vero messia, ha una lunga "tradizione": trattasi cioè d'una delle tante novità introdotte, in questa o quella occasione, per far quadrare i conti teologici, dai papi e dai loro concilii. Non è vero, come si pretende oggi, e a pretenderlo sono il papa e il Sant'Uffizio, che il cristianesimo sia stato in un qualsiasi modo perseguitato, al pari del giudaismo, dai gangster razzisti al soldo di Hitler.  Eppure il papato sta ancora cercando di mettere le mani su Auschwitz beatificando la suora Edith Stein, ebrea convertita ed ex allieva di Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia. Edith Stein fu uccisa in quanto ebrea e figlia d'ebrei, non in quanto suora cattolica, come la chiesa sa benissimo e come capirebbe anche un bambino dopo aver visto Schindler's list o La vita è bella, ma intanto un ordine di suore (lo stesso della Stein, che difficilmente approverebbe) ha occupato l'area intorno all'ex mattatoio nazista con un convento: ha messo il cappello sulla Shoa e ne rivendica una parte. Schiodarla di lì, dalle sue "strutture dell'inganno", dalle sue vanitas vanitatis, non sarà facile.

Garry Wills  La colpa dei papi. Le strutture dell'inganno  Garzanti, Milano 2001, pp. 400, lire 39.000 (2 NOVEMBRE 2001, ORE 12:00)

<http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,84885,00.html>

 

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