Serrate le Bibbie

Tratto da “l’Espresso” del 15 novembre 2001
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Ci sono voluti un concistoro e un sinodo per decretare il trionfo dei conservatori, ai vertici della Chiesa mondiale. Ma soprattutto quattro aeroplani esplosi sulle Twin Towers, sul Pentagono e in un campo della Pennsylvania. Dall’11 settembre il mondo è cambiato e la Chiesa anche. «Grazie a Dio la Chiesa non si fa più strangolare», è il verdetto del cardinale Joseph Ratzinger, la mente più acuta degli antiprogressisti.

Ratzinger ha emesso il suo verdetto a sinodo archiviato: duecentocinquanta cardinali e vescovi, l’élite della gerarchia mondiale, riuniti a Roma per l’intero mese di ottobre. E ha rincarato: «Mai un sinodo è stato più concorde e unanime di questo». Con ragione. Mai, dal Concilio Vaticano II a oggi, i progressisti hanno rimediato una simile disfatta.

MANIFESTA INFERIORITÀ

Due di loro, i cardinali Roger Etchegaray e Achille Silvestrini, nel sinodo neppure hanno messo piede. Esclusi. Quanto ai presenti, si sono arresi senza combattere. I tedeschi Karl Lehmann e Walter Kasper sono parsi l’ombra di quei ribelli che erano fino a pochi mesi fa, prima che ottenessero in extremis la porpora cardinalizia. E il cardinale Carlo Maria Martini? Non ha neppure parlato. Si è limitato a depositare uno sbiadito intervento “in scriptis”. Nel quale non c’era neppure un briciolo delle sue proposte bomba di due anni prima, quando aveva invocato in aula un Concilio Vaticano III e un’agenda serrata di riforme della Chiesa.

All’opposto, i conservatori hanno spopolato. Come loro punte d’attacco si sono dati il cambio il cardinale di Colonia, Joachim Meisner, l’altro tedesco Ratzinger e l’italiano Camillo Ruini. La Chiesa diventa «inutile» al mondo, hanno ammonito all’unisono, se «si occupa troppo di se stessa invece che annunciare Dio e Gesù Cristo». Perché è di questo che gli uomini hanno sete, «non di conoscere i nostri problemi interni». Relazioni tra curia e vescovi, poteri delle conferenze episcopali, ridimensionamento del primato papale, sinodo deliberativo invece che consultivo: tutte queste sono solo «cose penultime», che non appassionano nessuno. Quando invece quelle che contano sono le «cose ultime», quelle per cui «Gesù ha portato il fuoco sulla terra».

Cose ultime tipo questa: che Gesù è l’unico salvatore di tutti gli uomini e la Chiesa non ha altro da fare che annunciarlo. A metà del 2000, per averlo richiamato, una valanga di accuse d’intolleranza si era abbattuta sul cardinale Ratzinger e sul suo documento “Dominus Jesus”. Un anno dopo, ridicendo le stesse cose, Ratzinger ha ricevuto solo applausi. E il ratzingeriano Giacomo Biffi, cardinale di Bologna, ha potuto tranquillamente far dell’ironia: «Non era mai capitato in venti secoli di cristianesimo che si sentisse il bisogno di ricordare ai discepoli di Gesù una verità così elementare e primaria come questa».

C’ERA UNA VOLTA IL DIALOGO

All’offensiva di Ratzinger si sono rapidamente associati gli alti gradi del governo centrale della Chiesa: dal segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, al numero uno dei latinoamericani in curia, il colombiano Darío Castrillon Hoyos, al cardinale nigeriano Francis Arinze, presidente del Consiglio pontificio che si occupa del dialogo tra le religioni. Quest’ultimo ha fatto un autentico mea culpa per gli eccessi di fiducia accordati a questo dialogo. E mentre parlava, in sinodo, il pensiero di tutti andava a quanto accadeva proprio in quegli stessi giorni: ai ripetuti massacri di cristiani in terra d’Islam, sui quali la Chiesa non ha sinora mai levata forte la voce, ma che dopo l’11 settembre hanno aperto gli occhi a molti.

C’era però anche un altro episodio che aveva sparso irritazione nel sinodo: il meeting islamo-cristiano organizzato nella prima settimana d’ottobre dalla comunità di Sant’Egidio. All’incontro avevano preso parte musulmani eminenti: dal gran muftì d’Egitto, Nasser Farid Wasel, allo sceicco Yusuf al-Qaradawi, direttore del centro di teologia islamica del Qatar, all’ideologo del movimento oltranzista dei Fratelli musulmani, l’egiziano Ezzedin Ibrahim. Più due cardinali di spicco della corrente progressista: Etchegaray e Martini. I quali avevano ascoltato impassibili le sfuriate antioccidentali e antiebraiche dei loro dotti interlocutori, senza replicare. «Se questo è il dialogo», è stata la reazione di molti in sinodo, «è l’ora di dire basta».

SIAMO TUTTI AMERICANI

C’è un solo argomento che continua a essere appannaggio dei progressisti. Quello della «collera dei poveri». Addebitata all’Occidente e individuata come la ragione ultima della guerra scatenata l’11 settembre contro l’Occidente stesso.

Ma a sostenere questo argomento, in sinodo, sono state solo figure di secondo piano. Tra i delegati italiani, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Genova, s’è guardato bene dal ripetere le invettive terzomondiste e antiglobal che nei mesi scorsi, prima e dopo il G8, l’avevano screditato come papabile. Il solo a sbilanciarsi è stato l’arcivescovo di Lecce, Cosmo Francesco Ruppi. Il quale ha detto che «l’assalto vero non è stato contro gli Stati Uniti, ma contro il potere economico mondiale, contro i grandi poteri che strangolano intere popolazioni affamandole a volte a viso a perto, ma assai più spesso subdolamente».

Si sa quanto Giovanni Paolo II è sensibile a questi argomenti. Ma il suo mancato no alla controguerra di Stati Uniti e alleati è anch’esso un segno dei tempi. Ai vertici della Chiesa, la svolta conservatrice si accompagna a una più accentuata solidarietà con l’America. In sinodo il più applaudito è stato l’arcivescovo di New York, Edward M. Egan, che il papa aveva messo a presiedere l’intera assise. E tutti i pronunciamenti emessi in queste settimane dalle più alte autorità della Chiesa definiscono «giusta» la guerra intrapresa contro i terroristi musulmani e gli Stati che li appoggiano.

Quanto al terzomondismo, hanno fatto colpo, in sinodo, le parole dell’arcivescovo tedesco Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum. «La Chiesa non è la Croce Rossa o l’Onu e basta», ha detto. «Anche Gesù saziava gli affamati, ma per annunciare il regno di Dio». Cordes ha ormai preso il posto del vecchio cardinale Etchegaray come inviato del papa sulle frontiere calde del globo. Era in Pakistan proprio il giorno in cui 18 cristiani sono stati uccisi nella chiesa cattolica di Bahawalpur.

Il trionfo dei conservatori peserà sul futuro conclave? Sicuramente. L’Europa e l’Italia hanno dei forti kingmaker, come Ratzinger a Ruini. Ma più nessun vero papabile. Sempre più solide, invece, le chance di un candidato latinoamericano. Con in testa ai pronostici il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo di San Paolo del Brasile. È per questa soluzione anche il blocco dei cardinali degli Stati Uniti: nazione dove i cattolici sono in misura crescente di origine e di lingua ispanica.

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La mappa dei nuovi poteri nella Chiesa si ridisegna anche in rapporto all’Islam:


CON GLI INTRANSIGENTI IN ASCESA...

I missionari

«Andate, predicate, battezzate gli infedeli. Tutti. I musulmani non fanno eccezione»

Card. Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
Card. Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna

I diplomatici

«Niente clamori. Ma intanto armiamo le difese. Ieri dal comunismo, oggi dalla mezzaluna»

Card. Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano
Mons. Jean Louis Tauran, ministro degli Esteri della Santa Sede

Gli strateghi

«Sveglia, Occidente. O rafforzi la tua identità cristiana, o l’Islam ti invade e conquista»

Card. Camillo Ruini, vicario del papa e presidente della Conferenza episcopale italiana
Card. Edward. M. Egan, arcivescovo di New York

I combattenti

«I martiri cristiani del XXI secolo sono quasi tutti nei paesi musulmani. E noi ne siamo testimoni»

Mons. John Olorunfemi Onaiyekan, vescovo di Abuja in Nigeria
Mons. Erkolano Lodu Tombe, vescovo di Yei in Sudan


... E I DIALOGANTI IN CALO

Gli accademici

(L’arte, la cultura, la filosofia, la civiltà islamiche? Ottima materia per conferenze dotte. Stop)

Card. Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani
Card. Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali

I pentiti

(Sempre assidui ai convegni di pace con ulema e muftì. Ma sempre più delusi. Risultati zero)

Card. Francis Arinze, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso
Card. Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio consiglio Iustitia et Pax

Gli intermittenti

(Abbracci e condanne alternati. Gli abbracci con i musulmani, le condanne a istruzione dei propri fedeli)

Card. Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano
Card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna

  

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