Sassata di Davide

La sassata di Davide colpisce Pio XI e Dossetti

Un libro di David Kertzer sui papi antiebrei risparmia Pio XII. Ma fa a pezzi il predecessore. Botta e risposta con “La Civiltà Cattolica”

di Sandro Magister

 

 Il volume di David I. Kertzer "I papi contro gli ebrei" si distacca di netto dalla sequela di libri dedicati a esecrare o giustificare i “silenzi” di Pio XII sullo sterminio nazista. 

Nel libro di Kertzer, infatti, di Pio XII quasi non si parla. I papi di cui racconta sono quelli che vanno da Pio VII a Pio XI (v. foto). Da Napoleone alla vigilia della seconda guerra mondiale. 

Il libro è ben costruito. Troppo. Perché di questi papi e dei coevi gerarchi di Chiesa allinea soltanto le parole e gli atti «contro gli ebrei».

 La tesi è esposta con chiarezza nelle prime pagine. E rovescia quella espressa dal Vaticano nel documento del 1998 “Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah”. A detta del Vaticano la Chiesa è stata sì «antigiudaica» per ragioni religiose – e di questo chiede perdono – ma mai «antisemita» su basi razziste. 

A detta di Kertzer, invece, c’è continuità tra l’antigiudaismo della Chiesa e l’antisemitismo di Hitler. Il primo ha aperto la strada e fornito alimento al secondo. 

Più sotto trovate una sintesi della ricostruzione di Kertzer, da lui stesso scritta per il “Corriere della Sera”. E subito dopo la replica, sempre scritta per il “Corriere”, di Giovanni Sale, gesuita dell’autorevole rivista “La Civiltà Cattolica”.

Ma un’altra cosa va notata, del libro di Kertzer: il severo giudizio di condanna calato su papa Pio XI. Al cui confronto appaiono persino indulgenti i pochi cenni che l’autore riserva al successore, Pio XII.

 Con questo Kertzer non solo si distacca dal luogo comune della contrapposizione tra un Pio XI “buono” e un Pio XII “cattivo”. Ma contesta frontalmente proprio la lettura di quel passaggio di pontificato, sul caso cruciale degli ebrei, data dal maggiore maestro della cultura politica cattolica del secondo Novecento italiano, Giuseppe Dossetti.

 Dossetti formulò la sua lezione in una ampia e dotta introduzione al volume di Luciano Gherardi “Le querce di Monte Sole”: una rilettura cristiana delle stragi naziste di Marzabotto, edita dal Mulino nel 1986. 

E di una vera lezione si trattava, storica e teologica insieme. Su quelle pagine si sono formati, studiandole intensamente, i monaci e i discepoli delle comunità fondate dallo stesso Dossetti. 

Stando alla lezione di Dossetti, c’è una distanza abissale tra l’antigiudaismo cattolico e l’antisemitismo nazista. A quest’ultimo va riconosciuta una “unicità” nel male che fa il pari con l’”unicità” che molti assegnano alla Shoah. 

E proprio papa Pio XI – sempre secondo Dossetti – «aveva avuto intuizioni profondissime» di questa natura incommensurabilmente malvagia del nuovo antisemitismo nazista. L’aveva capita a fondo sul finire del suo pontificato. E si sarebbe comportato di conseguenza, denunciandola al mondo quando ancora c’era tempo per fermarla... Ma morì. E il successore Pio XII, a guerra ormai scoppiata, preferì «sottomettersi a un principio prudenziale» e alla «persistente speranza di negoziazioni riservate».

 Questa la lezione di Dossetti. Che Kertzer fa a pezzi. Molto sbrigativamente. L’ultimo capitolo del suo libro, quello che parla di Pio XI, ha per titolo “L’anticamera dell’Olocausto”. 

Ecco qui di seguito il botta e riposta di questi giorni tra Kertzer e “La Civiltà Cattolica”:

 

 La Chiesa e la trappola del “sano antisemitismo”

 di David I. Kertzer 

(Dal "Corriere della Sera" del 26 febbraio 2002)

 Come mostrano chiaramente le notizie della scorsa settimana, il dibattito sul ruolo del Vaticano nella Shoah non si è concluso. Il nuovo film di Costa-Gravas, “Amen” , che inizia con il rifiuto di Pio XII di prendere posizione pubblicamente contro lo sterminio nazista degli ebrei, ha sollevato grida di protesta nella Chiesa in Italia e altrove. Rispondendo a crescenti pressioni, lo scorso venerdì il Vaticano ha dichiarato che gli archivi relativi al papato di Pio XI (1922-1939) sarebbero presto stati aperti.

 Negli ultimi anni il Vaticano ha inviato segnali ambigui su come intenda affrontare questa parte del suo passato. Da un lato Giovanni Paolo II ha chiesto a tutti i figli e le figlie della Chiesa di fare «un esame della responsabilità per i peccati commessi nel passato», ed egli stesso ha chiesto perdono a nome della Chiesa per la passata intolleranza nei confronti degli ebrei. Tuttavia la Commissione che ha incaricato di investigare sul ruolo della Chiesa nella diffusione dell'antisemitismo moderno ha concluso, nel rapporto del ’98 “Noi ricordiamo”, che la Chiesa non ha responsabilità per l'Olocausto. La Commissione ha dichiarato che nel passato la Chiesa ebbe un ruolo nel diffondere un'immagine negativa degli ebrei solamente sotto l'aspetto religioso, mentre l'antisemitismo moderno, che ha contribuito ad aprire la strada alla Shoah, si componeva di immagini negative degli ebrei in ambito sociale, economico, politico e razziale.

 La riluttanza del Vaticano a confrontarsi con il suo scomodo passato è nuovamente affiorata nella critica al mio nuovo libro, “I papi contro gli ebrei: il ruolo del Vaticano nell'ascesa dell'antisemitismo moderno”, mandata in onda da Radio Vaticana. padre Giovanni Sale, storico di “La Civiltà Cattolica”, ha sminuito il libro definendolo “pamphlet”, e ha aggiunto che «non era un serio libro di storia». Aderendo alla visione ufficiale secondo cui le immagini negative degli ebrei propagandate dalla Chiesa non avevano nulla a che fare con l'antisemitismo, padre Sale ha affermato che “La Civiltà Cattolica”, le cui pagine dovevano essere approvate dal Vaticano prima di andare in stampa, non solo non promulgò l'antisemitismo, ma anzi si batté con forza contro i pregiudizi.  

Senza dubbio padre Sale conta sul fatto che pochi si daranno la pena di andare a controllare i vecchi numeri di “La Civiltà Cattolica”. Che, invece, ebbe un ruolo importante nella diffusione dell'antisemitismo, dalla nascita dell'antisemitismo moderno, nel 1880 circa, fino alla seconda guerra mondiale. All'inizio del 1880, ad esempio, la rivista pubblicò una serie di 36 articoli violentemente antisemitici. Un passo del numero del 22 dicembre 1880 dice: «Se questa ebraica razza straniera è lasciata troppo libera di sé, diventa subito persecutrice, vessatrice, tiranna, ladra e devastatrice dei paesi dove si stabilisce... Per impedire che questa razza perseguiti o sia perseguita, sono necessarii freni sapienti e leggi speciali a sua non meno che nostra difesa e salute».

 Ai cattolici veniva continuamente ripetuto che gli ebrei non erano semplicemente membri di una religione ostile, ma anche di una nazione ostile, pronta a usare ogni mezzo criminale immaginabile pur di derubarli e perseguitarli. Solo rimandando gli ebrei nei ghetti l'Europa cattolica si sarebbe messa al riparo da essi.

 Per quel che riguarda l'antisemitismo moderno, non c'è esempio più pertinente di quello offerto dal linguaggio usato da “La Civiltà Cattolica” nel 1893: «La nazione ebraica - scrive l'autore gesuita - non lavora, ma traffica sulle sostanze e sul lavoro altrui; non produce, ma vive e ingrassa coi prodotti dell'arte e dell'industria delle nazioni che le diedero ricetto. È il polipo gigante che co' suoi smisurati tentacoli tutto abbraccia e attira a sé; che ha lo stomaco nelle banche, e le sue ventose o i suoi succhiatori da per tutto».

 Alle porte del XX secolo il giornale del Vaticano, “L'Osservatore Romano”, faceva appello a «un sano antisemitismo». Nello stesso articolo, del 1898, metteva i cattolici in guardia contro i pericoli causati dall'emancipazione degli ebrei: «L'ebreo ha voluto condurre una vita che non può assolutamente condurre, abbandonandosi eccessivamente e inconsultamente all'ingenita passione della sua razza, essenzialmente usuraia e invadente».

 Non ha senso pensare che l'antagonismo «religioso» del Vaticano verso gli ebrei non abbia nulla a che fare con i movimenti del moderno antisemitismo. Non c'è accusa più «religiosa» di quella secondo cui gli ebrei torturavano e uccidevano i bambini cristiani e ne usavano il sangue per i loro riti, un'accusa che il Vaticano ripropose in varie occasioni fino alla prima guerra mondiale. In un articolo uscito su “La Civiltà Cattolica” nel 1914 si dice che il giudaismo insegnava agli ebrei a considerare il sangue dei bambini cristiani «una bevanda come il latte». Con l'aiuto del terreno preparato dalla Chiesa, i nazisti riuscirono a sfruttare le accuse di omicidio rituale, usandole spietatamente negli anni Venti e Trenta allo scopo di demonizzare gli ebrei.  

E le leggi razziali promulgate nel 1938 in Italia, o le leggi simili che privavano gli ebrei dei loro diritti in Germania, Polonia e in altri paesi negli anni Trenta non hanno niente a che vedere con l'antisemitismo moderno? Non hanno avuto responsabilità nel rendere possibile l'Olocausto? Perché padre Sale non ha detto nulla a proposito del silenzio di Papa Pio XI nei confronti di queste leggi razziali? Perché non ha detto nulla del fatto che nell'agosto del ’43, dopo la caduta di Mussolini, il Vaticano si oppose ai tentativi di revocare le leggi antisemite in Italia, sostenendo che molti di quei provvedimenti erano in pieno accordo con la dottrina della Chiesa?  

Il fatto è che dal momento in cui le truppe italiane hanno liberato gli ebrei romani dal ghetto nel 1870, il Vaticano ha continuato ad avvertire tutti coloro disposti ad ascoltarlo, che dare uguali diritti agli ebrei era un errore; a sostenere che gli ebrei erano «una setta del male e volevano danneggiare i cristiani, che agli ebrei interessavano solo i soldi e avrebbero fatto qualsiasi cosa per averli, che gli ebrei controllavano la stampa e le banche, e che gli ebrei erano sempre pronti a vendere il loro paese al nemico». 

Questa è la triste storia che perfino oggi il Vaticano rifiuta di riconoscere. Finché non lo farà, essa rimarrà una piaga purulenta che nessuna aspra denuncia da parte di studiosi come me potrà sanare. È tempo che la Chiesa presti ascolto alle parole di Giovanni Paolo II: solo guardando in faccia con onestà i peccati del passato possiamo tutti sperare in un futuro più luminoso.

 

La replica del gesuita della “Civiltà Cattolica”:

 Altro che “leggenda nera”, i gesuiti non furono mai antisemiti 

di p. Giovanni Sale S.I.

 (Dal "Corriere della Sera" del 28 febbraio 2002) 

Gli articoli della “Civiltà Cattolica” che il prof. Kertzer cita nel “Corriere” del 26 febbraio - va precisato per comprenderne il senso - furono pubblicati in chiave anticomunista. La rivista combatté il giudaismo dal punto di vista religioso e successivamente sostenne, come molti cattolici e anche liberali di quel tempo, la tesi del complotto giudaico-massonico-bolscevico contro la società cristiana.

 Va ricordato però che gran parte dei membri, 17 su 21, del Consiglio dei commissari del popolo creato da Lenin dopo il 1917, cioè il governo del Paese, era costituito da ebrei. Da qui nacque e si consolidò la leggenda del binomio giudaismo-comunismo. È comprensibile quindi che la Chiesa, combattendo il bolscevismo e la dottrina atea che esso sosteneva, attaccasse allo stesso tempo anche il giudaismo.

La rivista però modificò poi il suo antigiudaismo, che era cosa ben diversa dall'antisemitismo professato a quel tempo da molti intellettuali di destra e applicato subito dopo dai regimi totalitari. E per impulso di Pio XI, a partire dal 1934, pubblicò alcuni articoli contro l'antisemitismo razziale. Al prof. Kertzer che mi chiede: «Perché il p. Sale non ha detto nulla a proposito del silenzio di Pio XI nei confronti delle leggi razziali?», rispondo dicendo che, com'è noto, “La Civiltà Cattolica” fu l'unica rivista italiana che si oppose, già nell'agosto 1938, alla legislazione razziale emanata da Mussolini il 1° settembre 1938. Del resto anche dal nostro archivio risulta che l'autore degli articoli, il p. Antonio Messineo, fu contattato da un membro del Gran Consiglio del fascismo, il quale gli chiese di scrivere alcuni articoli contro le teorie razziste, che il Duce era in procinto di applicare anche in Italia, con la speranza che essi potessero bloccare il progetto.  

Pio XI diede il suo assenso. Dopo che il primo articolo uscì il 4 agosto 1938, la questura di Roma intimò, alla tipografia che stampava allora la nostra rivista, di non pubblicare più scritti contrari alle teorie razziste, pena la chiusura dell'azienda. L'articolo condannava la teoria che riduceva la nazione alla razza, «difesa - scriveva il p. Messineo - con una ostinatezza e un fanatismo ideologico degno di migliore causa e con una povertà di argomenti da tutti gli scrittori che traggono ispirazione dal mito razzista della nuova Germania» (“La Civiltà Cattolica” 1928 III 216).

 Qualche mese prima il p. Enrico Rosa (che pure in passato aveva assunto posizioni antigiudaiche, per motivi religiosi) pubblicò sulla rivista un articolo molto forte contro le teorie razziste divulgate in Germania. Egli vedeva come infatuazione o follia collettiva quelle teorie, che volevano esaltare «la stirpe o la razza germanica al di sopra di tutte le altre, come la più perfetta . Laddove tutte le altre stirpi del genere umano sarebbero ad essa inferiori, tutte da posporsi o asservirsi alla "grande Germania", ovvero anche da sterminarsi, come l'ebraica» (“La Civiltà Cattolica” 1938 III 63). Vanno inoltre ricordati gli articoli che “La Civiltà Cattolica” pubblicò dopo l'adozione delle leggi razziali da parte del fascismo, anche in difesa dei «matrimoni misti», cioè tra cattolici ed ebrei; quelle norme erano considerate da Pio XI lesive della dignità umana e, inoltre, del Concordato stipulato dall'Italia con la Santa Sede.  

Queste tesi sostenute dalla nostra rivista furono poi riprese da Pio XII già nella sua prima enciclica “Summi Pontificatus”. Durante l'udienza del 30 ottobre 1939 Pio XII chiese, al direttore della “Civiltà Cattolica”, di tenere presenti negli articoli successivi «gli errori condannati dall'enciclica, in particolare si difenda l'unità del genere umano contro i razzismi». Da questo punto di vista non c'è alcuna contraddizione tra il magistero di Pio XI e quello di Pio XII.

 Che la propaganda razzista in Germania e in Europa e le leggi razziali abbiano poi condotto all'Olocausto, come afferma Kertzer, è certamente vero, non vedo però quale legame ci sia tra questo tragico evento del secolo appena trascorso e la responsabilità della Chiesa a questo riguardo, che ha sempre denunciato l'antisemitismo e ha fatto di tutto per salvare da «morte certa» centinaia di migliaia di queste vittime. Sono gli stessi archivi statunitensi a scagionare oggi Pio XII da presunte «colpe» o inconfessate sue «connivenze con Hitler». I dispacci dell'Office of Strategic Services provano invece una realtà diversa. In uno di essi si dice che Pio XII è nemico della Germania, perché «ha ritenuto necessario intervenire a favore degli ebrei», e in un altro si legge: «I tedeschi promisero che il Papa non avrebbe più commemorato la sua incoronazione». Ma Kertzer sembra rimanere legato alla leggenda nera divulgata anche in opere teatrali e cinematografiche.

 Il libro:

 David. I. Kertzer, “I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo moderno”, Rizzoli, Milano, 2002, pagine 368, euro 21.

 

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