Filippine, decapitati
due Testimoni di Geova

  • 22 agosto 2002
    Articolo messo in Rete alle 11:09 ora italiana (09:09 GMT)

    Erano ostaggi di estremisti collegati ad Al Qaeda

     All'interno:   Articoli precedenti e siti   di Maria Ressa, CNN Correspondent

    FILIPPINE (CNN) -- Estremisti musulmani collegati ad Al Qaeda hanno decapitato due dei sei ostaggi da loro sequestrati nell'isola di Jolo, un remoto lembo di terra a sud delle Filippine. Lo riferiscono oggi, giovedì, fonti militari filippine, secondo cui i due morti sarebbero stati Testimoni di Geova.

    Le teste dei due uomini sono state ritrovate giovedì sulla stessa isola di Jolo. Secondo le autorità locali, si trattava di venditori porta a porta (rappresentanti di cosmetici e di tè alle erbe) che erano stati presi in ostaggio martedì pomeriggio nella città di Patikul. E' quanto sostiene il generale Romeo Tolentino, comandante militare dell'esercito filippino.

    Testimoni hanno identificato uno dei rapitori come Muir Maulod Sahiron, nipote del leader locale Abu Sayyaf.

    Il colonnello Renaldo Detabali, responsabile per le operazioni militari condotte nella zona meridionale delle Filippine, ha confermato che gli ostaggi sono stati catturati da guerriglieri di Abu Sayyaf.

    Tolentino ha detto alla CNN che al gruppo di ostaggi (che includeva alcuni Testimoni di Geova) era stato sconsigliato di avventurarsi in quella remota regione, da qualcuno ribattezzata il "selvaggio west" delle Filippine.

    L'isola di Jolo è conosciuta come una fortezza di Abu Sayyaf, ma è anche la sede di altri gruppi di combattimento musulmani. Il lembo di terra si trova a circa 900 chilometri a sud della capitale filippina, Manila.

    Abu Sayyaf è sospettato di attività terroristiche nella zona e dall'anno scorso è nella lista dei ricercati dai militari.  

    IL NUOVO

     Islamici filippini, decapitano ostaggi 

    Due di sei ostaggi rapiti ieri dalla guerriglia islamica nelle Filippine, sono stati decapitati. Nelle mani dei rapitori altre donne. Secondo gli Usa il gruppo, che fa capo ad Abu Sayyaf, è legato ad al-Qaeda.   

    ZAMBOANGA (Filippine) -  "Chi non crede in Allah subirà la stessa sorte". Il cartello è firmato da uno dei gruppi fondamentalisti islamici più crudeli, quello del separatista Abu Sayyaf, attivo nell Filippine, e campeggia davanti alla testa mozzata di un ostaggio, sequestrato ieri insieme a sette compagni, tutti di nazionalità filippina sebbene affiliati ai testimoni di Geova e intenti, con bibbie e opuscoli religiosi, a far propaganda di fede sull'isola. La testa, lasciata ritrovare ai militari dell'esercito, è la seconda mozzata a uno degli ostaggi finiti ieri nelle mani della guerriglia islamica dell'arcipelago.  

    Le autorità del governo nazionale stanno disperatamente cercando il gruppo di estremisti, per fermarli. Nelle loro mani, restano quattro persone, tutte donne. I rapiti, erano inizialmente otto, tre uomini e cinque donne. Secondo le prime indiscrezioni sarebbero stati addrittura rappresentanti della Avon, una delle più grandi catene di vendita per corrispondenza di cosmetici. Poi, l'azienda statunitense ha smentito che gli otto facessero parte dell'elenco dei loro rappresentanti, mentre l'sercito ha cofnermato che  sono invece testimoni di Geova.

    Due di loro però, maschi, di religione musulmana, sono stati liberati subito. Gli altri, sono andati incontro a un vero e proprio inferno.

     Il gruppo, che combatte per istaurare un governo islamico sull'isola, fa capo ad Abu Sayyaf, specializzato nella cattura di ostaggi per ottenere riscatti miliardari. Tre indonesiani, rapiti nel giugno scorso, sono ancora nelle mani dei loro sequestratori, nell'isola di Jolo, roccaforte della guerriglia. Nell'ottobre scorso erano stati rapiti anche tre americani. Uno di loro era stato liberato soltanto a giugno. Gli altri due, erano stati barbaramente assassinati.

     Così, d'altronde, sono già morti due degli ostaggi catturati ieri. L'esecuzione per decapitazione, con la macabra esposizione della testa delle vittime, sembra un messaggio fin troppo chiaro. Gli islamici filippini non sembrano disponibili ad alcuna trattativa. Secondo gli Stati Uniti, la guerriglia legata ad Abu Sayyaf farebbe parte della Grande Rete del Terrore, messa in piedi dal miliardario Bin Laden con al-Qaeda, e sta tentando disperatamente di autofinanziarsi in mancanza di altri fondi.

     Proprio soldati statunitensi, e inviati delle forze speciali americane, erano sbarcati sull'isola qualche tempo fa, per addestrare le locali forze governative a combattere la guerriglia interna. L'Isola di Jolo però, non era stata teatro dell'intervento mlitare, che si era concentrato su un'altra zona ostaggio della guerriglia, quella di Basilan. Ora, per i militari, è una lotta contro il tempo.  

    (22 AGOSTO 2002, ORE 7.28)

     http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,148086,00.html

     

    <http://www.lastampa.it/EDICOLA/sitoweb/esteri/art4.htm>

    Il braccio filippino di Al Qaeda decapita due cristiani

    Le teste trovate in un mercato dell´isola di Jolo con un cartello: «Così finisce chi non crede in Allah»
    PECHINO

    Le teste mozzate di due Testimoni di Geova filippini, Leonil Monti e Lewil Bantolo, appartenenti a un gruppo di sei che erano stati rapiti martedì scorso a Patikul, capoluogo dell'isola di Jolo, sono state ritrovate ieri in un grande mercato nelle Filippine meridionali. Erano chiuse in sacchetti di plastica; accanto a loro un cartello, «Chi non crede in Allah, subirà la stessa sorte... Quest'azione è parte della guerra santa», altri scritti inneggianti alla jihad e versetti del Corano, vergati in arabo e in un dialetto locale. Secondo l'esercito, che continua le ricerche per localizzare rapitori e ostaggi (quattro donne sono ancora nelle loro mani), il sequestro e gli omicidi sarebbero opera di una cellula di Abu Sayyaf, il gruppo fondamentalista islamico che gli Stati Uniti ritengono legato ad Al Qaeda e a Osama bin Laden. A guidarli un capo locale, Moin Sahiron, nipote di Radulah Sahiron, un veterano delle guerre separatistiche nel Sud dell'arcipelago filippino. I sei filippini rapiti vendevano cosmetici Avon, tè e medicinali a base di erbe nella zona, a maggioranza musulmana. Alcuni giornali hanno scritto che svolgevano anche opera di evangelizzazione e che portavano con sè Bibbie e opuscoli di propaganda religiosa, un´attività estremamente rischiosa in una delle culle del fondamentalismo islamico. Al momento del assalto erano accompagnati da un autista e una guida locale, entrambi musulmani, che non sono stati toccati. Da oltre un secolo, nelle Filippine meridionali, è attiva la guerriglia musulmana del fronte Moro. Dalle loro fila si è statccato negli Anni `90 il gruppo Abu Sayyaf, che si propone la creazione di uno Stato islamico nel Sud delle Filippine ed è responsabile di molte azioni violente, tra le quali l'uccisione di un prete italiano, Salvatore Carzedda. Tra le sue ultime vittime, un gruppo di 21 persone di cui facevano parte dieci turisti occidentali, liberati dopo una lunga prigionia dietro pagamento di un riscatto di milioni di dollari, e i missionari americani Martin e Garcia Burnham, tenuti in ostaggio per 376 giorni. In passato il gruppo aveva anche rapito filippini poveri, all´unico scopo di costringerli a lavorare come schiavi per qualche settimana e quindi rilasciandoli. Questa attività, che sembrava ormai condotta a esclusivo scopo di estorsione, ha avuto una netta sterzata politica dopo l´11 settembre, tanto che nell´inverno il governo di Manila si era rivolto per aiuti a Washington. L'intervento delle truppe Usa, che aveva tra i suoi compiti anche l'addestramento dell'esercito filippino, e nel corso del quale Abu Sabaya, uno dei principali dirigenti di Abu Sayyaf, era stato ucciso, si era concentrato sull'isola di Basilan, concludendosi il 31 luglio scorso. Il rapimento è avvenuto mentre l'esercito bombardava alcuni rifugi di Abu Sayyaf nella regione, nell'ambito di una offensiva contro quel che resta della guerriglia ed è la prima azione dall´inizio dell´offensiva. La vicenda si sta dimostrando quindi una grave fonte di imbarazzo per il governo di Manila, che aveva ricevuto generosi aiuti dagli Usa per combattere il terrorismo. La presidente Arroyo, che si era spesa in prima persona con gli Stati Uniti per ottenere finanziamenti e appoggio per debellare l´estremismo islamico, appare oggi in difficoltà. Una difficoltà che traspare anche dalle notizie contradditorie fornite sull´accaduto: martedì, il giorno del rapimento, i militari avevano annunciato che era opera del gruppo terrorista, due giorni dopo avevano fatto marcia indietro, affermando che si trattava dell´azione di un gruppo di banditi comuni. Ieri, comunque, centinaia di rinforzi sono arrivati a Patikul da altri villaggi dell´isola nel tentativo di sgominare il commando, considerato particolarmente pericoloso. Secondo l'esercito filippino ci sarebbe stato Abu Sayyaf dietro a un complotto, sventato dalla polizia, per uccidere il Papa durante il suo viaggio del 1994 nelle Filippine. E il suo organizzatore, Ramzi Ahmed Yusef, sconta una pena all'ergastolo negli Stati Uniti per il primo attentato commesso contro il World Trade Center nel 1993, che causò sei morti.

    Francesco Sisci

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