Stauros: croce o palo di tortura?

La parola "stauros" è riportata 22 volte nelle Scritture greche cristiane. Nella TNM è tradotta coerentemente come "palo di tortura" e mai come "croce". Si tratta dello strumento [di tortura] sul quale Gesù Cristo fu appeso e giustiziato. Per lo stesso strumento di esecuzione capitale usato per Gesù Cristo è stata usata un'altra parola greca, cioè "xylon", che letteralmente indica "legno, pezzo di legno, una cosa fatta di legno…" - Vine. Nei passi in cui "xylon" viene usato per l'esecuzione capitale di Gesù Cristo, la TNM lo traduce "palo". Chiediamoci se la TNM è giustificata nel tradurre così queste parole greche.

W.E. Vine nel suo Expository Dictionary of Bible Words [Dizionario esplicativo delle parole bibliche] dichiara:

"STAUROS …denota primariamente un palo diritto. Su questo strumento di esecuzione capitale venivano inchiodati i criminali. Sia le due parole che il verbo correlato stauroo, messi in relazione a un palo, originariamente non hanno avuto a che fare con la forma ecclesiastica della croce a due travi, che trae le sue origini dall'antica Caldea e veniva usata come simbolo del dio Tammuz (rappresentato dalla mistica Tau, iniziale del suo nome, in quella nazione e in quelle vicine a lei, incluso l'Egitto. A partire dal terzo secolo E.V. le chiese si erano allontanate da certe dottrine della fede cristiana o le avevano travisate. Per incrementare il prestigio del sistema ecclesiastico apostata, i pagani vennero accolti nelle chiese senza che fossero fatti convertire alla fede cristiana e venne loro permesso in larga misura di conservare i loro simboli pagani. Di conseguenza, la Tau o T, con la parte trasversale, fu adottato per rappresentare la croce di Cristo"

e sotto la parola ALBERO:

"2. XULON … (B) della croce, il legno come quello dello stauros, il palo diritto al quale i romani appendevano i condannati a morte, Atti 5:30; 10:39; 13:29; Gal. 3:13; 1 Pietro 2:24;"

In sintonia con quanto sopra si è espresso il Dr. Jason BeDuhn (in una lettera privata che pubblicata col suo permesso), dopo avergli io chiesto che cosa pensasse della lezione contenuta nella TNM inerente alla parola "stauros":

"Per quanto riguarda ancora il "palo di tortura" io penso che la TNM sia andata un po' con la mano pesante nell'esprimere il suo punto di vista. Certamente "palo" sarebbe sufficiente e più desiderabile. I TdG stanno tentando di distogliere i cristiani dalla loro devozione alla croce. Dopo tutto, si tratta di uno strumento di esecuzione capitale. Essi hanno ragione nell'affermare che STAUROS non significa necessariamente la croce come l'hanno intesa i membri della cristianità. Può essere esattamente un semplice palo sul quale inchiodare qualcuno, anche se tuttavia penso che il concetto di "tortura" sia eccessivo e non coglie il pieno significato: quello di uno strumento di esecuzione capitale".

Anche la Companion Bible così si esprime nella sua appendice 162:

"Nel NT greco ci sono due parole tradotte [comunemente] "croce", lo strumento di esecuzione capitale sul quale fu appeso il Signore. 1. La parola stauros, che indica un palo diritto, al quale venivano inchiodati i criminali per essere giustiziati. 2. La parola xulon, che generalmente denota un tronco morto di legno o trave, usato come combustibile o per altro scopo. E' diverso dal dendron, usato per indicare un albero vivo o verde, com'è riportato in Matt. 21:8; Riv. 7:1, 3; 8:7; 9:4 etc. Dove xulon viene usato al posto di stauros, il significato è identico per tutti e due.

Il verbo stauroo vuol dire trascinare pali. Il nostro vocabolo "croce" è la traduzione del latino crux, ma il greco stauros non significa croce più di quanto "bastone" non significhi "stampella". Omero usa la parola stauros col significato di palo o semplice pezzo di trave. [nota in calce, Iliade xxiv.453. Odissea xiv.11] E questo è il significato e l'uso della parola trasmesso dai classici greci. [nota in calce, p.es. Tucidide iv.90. Senofonte, Anabasis v.2.21] Non ha mai avuto il significato di due pezzi di trave posti l'uno di traverso all'altro, ma sempre di un pezzo solo. Ne consegue l'uso della parola xulon (N° 2 sopra) in relazione allo strumento di esecuzione capitale sul quale è morto il Signore e che è chiamato "legno" in Atti 5:30; 10:39; 13:29; Gal. 3:13; 1 Pietro 2:24. Questo è stato preservato nell'inglese arcaico rood [croce] o rod [verga]. Vedete l'Enciclopedia Britannica, 11.a ediz. (Camb), vol. 7, pag. 505d. Non esiste niente nel NT che abbia mai indicato due pezzi di trave".

Nel A Critical Lexicon and Concodance to the English and Greek New Testament, [Lessico critico e concordanza del NT greco-inglese] pag. 819, E.W. Bullinger dichiara:

 

"Per quanto riguarda l'uso di croce per tradurre stauros, lo strumento di esecuzione capitale sul quale Gesù fu appeso, devo sottolineare che ambedue le parole stauros e xylon si discostano dal concetto attuale di croce, col quale abbiamo familiarità attraverso l'arte figurativa. Lo stauros era semplicemente un palo diritto sul quale i Romani inchiodavano i condannati. Il verbo stauroo, che significa semplicemente trascinare pali, non ha mai reso l'idea di due pezzi di legno messi di traverso uno sull'altro. Perfino il latino crux significa un semplice palo".

The Anchor Bible Dictionary [Dizionario biblico Anchor] così si esprime sulla crocifissione:

"L'atto di inchiodare o appendere una vittima viva o talvolta morta ad una croce o ad una palo (stauros o skolops) o a un albero (xylon)…Sotto l'impero romano la crocifissione era di solito preceduta dalla fustigazione. Talvolta la croce era solo un palo verticale. Frequentemente vi era attaccato un braccio trasversale…"-Volume 1, pagg. 1207, 1208..

Anche la seguente opera è degna di essere citata in tutta la sua lunghezza:

The Non-Cristian Cross, An Enquiry into the Origin and History of the Symbol Eventually Adopted as that of our Religion, [La croce non cristiana, un'indagine sull'origine e sulla storia di un simbolo come quello eventualmente adottato dalla nostra religione] di John Denham Parsons:

"Nelle mille e più opere provvedute per nostra informazione su argomenti relativi alla storia della nostra razza, veniamo a sapere che Alessandro il Grande, Tito, vari greci, romani e sovrani orientali dei tempi antichi "crocifissero" varie persone, anche molte in una volta sola o nell'arco di tutto il loro regno, usando lo strumento di esecuzione chiamato "croce".

Di conseguenza, è naturale che noi immaginiamo tutti coloro di cui si è detto che siano stati "crocifissi", inchiodati al palo di esecuzione capitale o altrimenti appesi su uno strumento cruciforme come quello raffigurato per Gesù nelle nostre fantasiose illustrazioni.

Questo non è affatto il caso.

Per esempio, la morte di cui si parla, la morte mediante stauros, includeva la trafittura mediante un palo appuntito, come pure l'affissione ad un palo non appuntito; non sempre si è fatto riferimento a quest'ultimo tipo di punizione.

E' probabile che nella maggioranza dei casi in cui non abbiamo alcun indizio su quale tipo di stauros fosse usato, la morte dei condannati fosse causata tramite affissione su uno stauros appuntito. Per di più, anche se potessimo provare che questo comunissimo tipo di punizione capitale non fosse in nessun caso quello riportato dagli storici vissuti nelle epoche passate, e che la morte fosse in ogni caso procurata mediante affissione a uno stauros, anziché mediante trafittura con uno stauros, ci toccherebbe ancora provare che ogni stauros avesse una trave o un braccio trasversale prima che potessimo descrivere la morte per crocifissione causata da questo strumento di esecuzione capitale.

E' abbastanza improbabile che ogni volta che gli antichi dovevano mettere a morte un condannato appeso su un palo conficcato in terra, si mettessero ad appendervi di traverso una trave tanto artistica quanto inutile per soddisfare la nostra immaginazione.

Poiché, in ogni caso, è risaputo che i Romani mettessero spesso a morte i condannati appendendoli ad un palo privo di braccio trasversale, sorge la domanda su quale prova abbiamo che fosse stata usata una croce per Gesù

Che cosa usassero gli antichi che corrispondesse alla parola stauros, si può facilmente constatare sia nell'Iliade che nell'Odissea…

Lo stauros usato come strumento di esecuzione capitale era (1) un sottile palo appuntito usato per trafiggere il corpo e inchiodarlo a terra o di causarne altrimenti una morte certa; (2) un palo simile conficcato in terra con la punta all'insù sul quale affiggere il condannato per impedirne la fuga; (3) un palo molto più lungo e più solido con la punta all'insù, sul quale collocare la vittima con le mani legate dietro la schiena, in modo tale da farle entrare la punta nel petto e farle affrettare la fine con ogni movimento del corpo; (4) un solido palo non appuntito conficcato verticalmente in terra, dal quale far pendere la vittima con una fune legata ai polsi dietro la schiena per renderne atroce la sofferenza; o sul quale legare il condannato, o inchiodarlo, come nel caso di Gesù.

In ogni caso, il tipo di stauros sul quale fu appeso Gesù, non aveva niente a che fare con una croce, perché non è in alcun modo provato e nella maggioranza dei casi risulta improbabile.

Perfino nel Medio Evo la parola stauros sembrava avere primariamente il significato di un pezzo di legno verticale senza braccio trasversale. Poiché il famoso lessicografo greco Suidas chiaramente affermò "Stauroi; ortha xula peregota", e sia Eustazio che Esichio dichiarano che significhi palo diritto.

Anche la luce che Luciano getta collateralmente sulla questione è degna di nota, poiché, quando fa riferimento a Gesù, allude a "Quel loro sofista che fu appeso ad uno skolops, parola che indica un singolo pezzo di legno e non due legni in croce.

Sarebbe necessario aggiungere incidentalmente che in alcune epistole del NT, che sembrano essere state scritte prima dei Vangeli, e che tuttavia, come le altre epistole, sono state collocate dopo i Vangeli, ma in maniera ingannevole, si dichiara che Gesù sia stato appeso su un albero…qui la parola tradotta "albero", sebbene sia sempre usata in riferimento a ciò che viene tradotto come "Albero della vita", significa non solo "albero", ma anche "legno".

C'è da notare, comunque, che questi cinque riferimenti della Bibbia all'esecuzione capitale di Gesù su un albero o trave conficcato in terra, non danno assolutamente l'idea di due pezzi di legno inchiodati in croce uno sull'altro.

Inoltre, perfino nel testo greco dei Vangeli non c'è una sola dichiarazione che lo strumento di esecuzione capitale usato per Gesù sia stato cruciforme.

Quand'anche esistesse tale dichiarazione in relazione a Gesù nei ventisette libri del testo greco, che la nostra Chiesa selezionò da una vastissima quantità e a cui diede il nome di cosiddetto "Nuovo Testamento", c'è da considerare che esiste una lettera greca a forma di croce, la lettera chi, alla quale sarebbe stato regolare riferimento e della quale alcuni avrebbero fatto uso nell'espressione Kata chiasmon "simile a chi".

Si dovrebbe anche ricordare che sebbene i cristiani dei primi tre secoli ed in altre epoche facessero uso del transitorio segno della croce nel rito d'iniziazione battesimale non mosaico, è riconosciuto il fatto che, com'è evidenziato nei prossimi due capitoli, non usarono né venerarono quel segno come rappresentazione dello strumento di esecuzione capitale di Gesù. Per di più, se rispondendo a quanto sopra si argomentasse che, com'è ben noto, figure di legno cruciformi ed altre rappresentazioni del segno della croce non fossero venerate dai cristiani fin dopo il fatidico giorno in cui Costantino uscì dalla Gallia per fare la famosa marcia contro Roma, al comando di truppe militari, e che le croci cristiane del IV secolo usate come memento erano rappresentazioni dello strumento di esecuzione capitale su cui morì Gesù, si presenterebbero una dozzina di altre obiezioni, se siamo abbastanza onesti da dovere ammettere che le cose stavano così sin dall'inizio. I Galli e di conseguenza i soldati della Gallia veneravano come simboli del dio-sole e datore della vita e della vittoria la croce con bracci uguali, + o X, e la ruota solare, mentre la cosiddetta croce che Costantino e le sue truppe asserirono di avere scorto sopra il sole di mezzogiorno era dichiaratamente il monogramma di Cristo, il quale era chiaramente un adattamento della ruota solare, come sarà dimostrato più avanti; a ricordo della conquista di Roma operata al comando delle sue truppe galliche, Costantino eresse uno di questi simboli nel centro della Città Eterna, in seguito impresse le croci sulle sue monete…la croce a forma di X con quattro bracci uguali e alcune variazioni dell'altra croce a forma di + con bracci uguali ad angolo retto. Non passò molto tempo dopo che queste croci furono accettate come simboli cristiani e dopo la morte e sepoltura di Costantino che la croce con un braccio più lungo degli altri tre (o due), che potrebbe rappresentare solamente uno strumento di esecuzione capitale, fu adottata dai cristiani.

Un altro punto da ricordare è che quando Costantino, concependo apparentemente la nostra religione non nazionale con ramificazioni estese su tutti i domini del mondo, come la sola capace di unificare le molte nazioni che riconoscevano il suo dominio, stabilì la cristianità come la religione di stato dell'impero romano, la chiesa a cui apparteniamo avrebbe dovuto naturalmente accettare come suoi i simboli che Costantino aveva imposto come quelli dello stato politico in questione. C'è da aggiungere che la croce con un braccio più lungo degli altri, se non anche l'ipotesi che lo stauros al quale fu appeso Gesù avesse la forma di una croce, potrebbero essere state prodotte dal desiderio di associare alla storia di Gesù questi simboli gallici di vittoria divenuti simboli dello stato romano e di conseguenza della chiesa di stato. Ad ogni modo, il primo genere di croce venerata dai cristiani non rappresentava uno strumento di esecuzione; e per il fatto che riteniamo sacri molti differenti tipi di croci, sebbene potessimo anche provare che lo stauros al quale fu appeso Gesù avesse un braccio trasversale, all'infuori di uno strumento di esecuzione ad un solo elemento, si dovrebbero dare delle spiegazioni.

La nostra sola spiegazione plausibile del fatto che riteniamo sacra quasi ogni specie di croce è che, non sapendo su quale tipo di croce morì Gesù, si sono trovate sempre differenti opinioni su quale fosse realmente il tipo di croce.

Questa differenza di opinioni fra i cristiani sul tipo di strumento di esecuzione capitale usato per Gesù è rimasta per molti secoli. Ma la sola spiegazione dei molti differenti tipi di croci accettati da noi come simboli di Cristo ci crea maggiore difficoltà. Poiché, se non sapevamo su quale tipo di croce fu giustiziato Gesù quando accettammo la croce come nostro simbolo, esistono ovvie probabilità che abbiamo accettato la croce come nostro simbolo per ragioni che non sono quelle che noi sosteniamo. Poiché la nostra posizione sull'intera questione è sia illogica che insoddisfacente, dovremmo cambiarla per onestà davanti al fatto che non possiamo provare in maniera soddisfacente che il nostro simbolo è stato adottato come rappresentazione dello strumento di esecuzione capitale usato per giustiziare Gesù e che non sappiamo ancora con certezza che lo strumento in questione fu cruciforme.

Basti solo aggiungere che nei numerosi scritti del NT greco non esiste una singola frase recante anche indirettamente l'evidenza che lo stauros usato per giustiziare Gesù fosse diverso da un normale stauros, come due pezzi legno inchiodati a forma di croce, anziché un solo pezzo di legno.

Prendendo in considerazione i fatti suddetti, si dovrà notare che non è di poco conto l'azione fuorviante da parte dei nostri insegnanti quando traducono la parola stauros "croce" dai testi greci della Chiesa nella nostra lingua madre e nel contempo omettono di specificare nei lessici in cui espongono il significato di stauros, che croce ad ogni modo non era il significato primario ai giorni degli apostoli, e che questo significato non l'ottenne se non molto tempo dopo e solo perché, a dispetto della mancanza di sufficienti prove, si ipotizzò che il particolare stauros usato per giustiziare Gesù avesse quella particolare forma.

Ma il lettore può obiettare: "Che ne è della parola greca che nelle nostre Bibbie è tradotta 'crocifiggere' o 'crocifisso'? Non significa 'appendere a una croce' o 'appeso a una croce'? E che cos'è questa per noi cristiani se non la più vigorosa prova possibile della nostra asserzione che Gesù fu giustiziato sopra uno strumento cruciforme?" La risposta è che non meno di quattro differenti parole greche sono tradotte nelle nostre Bibbie con significato di "crocifiggere" o "crocifisso", e che non una di esse ha questi significati. Le quattro parole in questione sono prospegnumi, anastauroo, sustauroo e stauroo. La parola prospegnumi, sebbene sia tradotta nelle nostre Bibbie "crocifiggere" o "crocifisso", significa solamente "appendere" a o sopra, e nient'altro. Non importa che le persone condannate a cui fa riferimento siano appese a un palo, a un albero o a una croce e non ha riferimento alla croce più di quanto lo indichi la parola "appendere" in se medesima.

La parola anastauroo non fu mai usata dagli antichi scrittori greci con un significato diverso da quello di impalare sopra o con un singolo pezzo di legno.

La parola sustauroo non appare nelle scritture precristiane, ma solo cinque volte nella Bibbia contro le quarantaquattro volte della prossima parola che sarà trattata più sotto. Derivato ovviamente in parte dalla parola stauros, che primariamente significa una palo o pezzo di legno singolo senza nulla di traverso, sustauroo significa evidentemente affissione ad un tale palo. Ad ogni modo, non esiste nient'altro né nella derivazione della parola, né nel contesto delle cinque volte in cui appare, che possa indicare l'affissione a qualcosa che abbia la forma di una croce.

La parola stauroo appare, come già detto, quarantaquattro volte, ed è di gran lunga la più frequente delle quattro parole qui elencate. Il significato di questa parola è pertanto speciale. Di conseguenza è della massima importanza notare, dopo la nostra indagine, che dovunque questa parola appare nei classici precristiani, è usata per indicare impalamento, o palo, o affissione su un palo ed ha riferimento non a croci, ma a singoli pezzi di legno.

Sembra sufficientemente chiaro (1) che le Sacre Scritture di cui è composto il NT, alle cui testimonianze, come ci sono state tradotte, noi ci inchiniamo riverentemente, non ci dicono che Gesù fosse appeso su uno strumento di esecuzione capitale a forma di croce; (2) che la valutazione equilibrata dell'evidenza non dà ragione alle nostre asserzioni che lo strumento in questione fosse cruciforme e che fosse rappresentato originalmente dal nostro sacro simbolo e (3) che noi cristiani dei tempi passati abbiamo agito e continuiamo ad agire ingenuamente in relazione al simbolo della croce.

Tuttavia, questo non è tutto. Poiché, se disgraziatamente il nostro zelo, col quale abbiamo pressoché inventato l'evidenza a favore della teoria che la nostra croce abbia tratto la sua origine dalla forma dello strumento di esecuzione usato per giustiziare Gesù, possa provare affatto qualcosa, prova la necessità di un'opera che , come questa, mostri l'evidenza disponibile dell'esistenza precristiana della croce e della sua adozione a simbolo in tempi posteriori come quello della fede cattolica".

Né si dovrebbe dimenticare che il trionfo della cristianità era dovuto al fatto che era una fede "cattolica" e non il monopolio di una singola nazione o razza, come le altre fedi praticate dai sudditi di Roma, o come Gesù pare avesse indicato che dovessero essere i risultati della Sua missione, in quanto Egli dichiarò solennemente che era stato mandato alle pecore disperse della Casa d'Israele e a loro soli. Poiché se Paolo, reputando questa ed altre visioni di Gesù come prove lungamente attese di una vita futura, non avesse trascurato le semplici dichiarazioni di Gesù inerenti alla Sua missione dedicata esclusivamente ai discendenti di Giacobbe o Israele, e a loro soli; se non avesse fatto opposizione ai rappresentanti di Cristo, e a Pietro in faccia, e se con zelo insuperabile non avesse adempiuto il suo grandioso proposito di professare una religione universale, anziché nazionale, fondata sull'apparizione in spirito del glorificato Gesù, quello che noi chiamiamo cristianesimo non sarebbe venuto all'esistenza.

E' degno d'imperitura memoria il fatto che, se non fosse stato per l'apostolato di Paolo, non ci sarebbe stata nessuna fede cattolica con seguaci in ogni nazione governata da Costantino che, dopo essere rimasto unico imperatore, da astuto monarca stabilì, in virtù della sua cattolicità, la religione ufficiale del suo traballante impero per farne un elemento stabilizzatore nel vastissimo territorio soggetto al suo dominio. Né questo fatto sarebbe meno degno di nota se messo in relazione col simbolo della croce. Poiché, come sarà dimostrato, è evidente che, avendo Costantino fatto sì che la figura della croce fosse riconosciuta come simbolo del suo impero cattolico, essa divenne un simbolo riconosciuto della fede cattolica.

Fino al tempo in cui Costantino e le sue truppe galliche non piantarono all'interno delle mura della Città Eterna come simbolo della loro vittoria quello che Eusebio, vescovo di Cesarea ed altri cristiani del secolo in questione descrivono come una croce, i cristiani non avevano ancora venerato un trofeo cruciforme di qualsiasi descrizione. Per di più, solo per il fatto che il trionfo di Costantino diventò quello della Chiesa cristiana, dovremmo avere ritenuto la croce qualcosa di diverso da un simbolo di vittoria come quello che pensiamo, se ai nostri occhi è rimasto ancora lo strumento di esecuzione capitale usato per giustiziare Gesù.

Questo è evidente dal fatto che la cosiddetta croce di Gesù adempì certamente il proposito per il quale fu eretta su richiesta di quelli che vollero la morte di Gesù. Perfino in sintonia con i nostri Vangeli l'oscurità della sconfitta offuscò la scena del Calvario.

Per semplificare l'argomento, la vittoria di Gesù non fu una vittoria sulla croce, poiché non scese dalla croce.

Né fu una vittoria sui suoi nemici, poiché essi intendevano liberarsi di un uomo che ritenevano un agitatore, e il loro desiderio fu esaudito nel momento in cui, grazie alla croce, Egli aveva finito di inquietarli.

In altre parole, la vittoria che ascriviamo a Gesù non avvenne mentre le tenebre avvolgevano come una coltre la sua terra natia durante la sua esecuzione capitale, ma sull'imminente domenica dell'equinozio di primavera, alle luci dell'alba. Poiché la vittoria in questione, da qualunque punto di vista possiamo considerarla, non fu l'evitare una sconfitta, ma il suo rimedio. E la sua storia è un'illustrazione dell'antica promessa, vetusta e basata sulla venuta, introdotta ogni anno dalla Pasqua o dal passaggio del sole sull'equatore nel giorno dell'equinozio di primavera, di abbondanti raccolti dell'estate dopo gli stenti del devastante inverno, offrendoci una speranza, non propriamente basata sull'evitare la morte e la relativa sconfitta, ma basata sul fatto che tale vittoria si realizzi nella sopravvivenza o nella risurrezione.

Perciò è chiaro che, anche se noi potessimo provare che lo strumento di esecuzione capitale sul quale fu appeso Gesù fosse cruciforme, non ne conseguirebbe necessariamente che, come quella che noi reputiamo sia rappresentazione dello strumento della Sua esecuzione capitale, possa diventare [nel contempo] il nostro simbolo di Vita e di Vittoria.

In ogni caso, l'onestà richiede che noi non dovremmo più tradurre come "croce" una parola che, al tempo in cui furono scritti i Vangeli, non significava necessariamente qualcosa a forma di croce. Ed è pure nostra incombenza, da un punto di vista morale, smettere di tradurre come "crocifiggere" o "crocifisso" parole che non hanno mai avuto tale significato".

Per il capitolo II del libro di Parson "L'evidenza di Minucio Felice" vedete qui.

Capitolo III "L'evidenza degli altri Padri" qui.

Capitolo IV "Singolari dichiarazioni di Ireneo" qui.

Capitolo V "Origine della croce precristiana" qui.

Capitolo VI "Origine della croce cristiana" qui.

Capitoli VII, VIII, XV, XVI e XVII della The Non-Christian Cross [La croce non cristiana] …………………………………………………………………………………………………………

Vorrete leggere anche:

'E' la croce per i cristiani?' - Torre di Guardia inglese 15/8/1987, pagg. 21-24; 'Dov'erano le sue gambe?' - ibidem, pagg. 28, 29.

The New World Translation of the Holy Scriptures, Reference Edition [TNM con riferimenti], 1984, Appendice 5C, pagg. 1577-1578.

The Kingdom Interlinear Translation of the Greek Scriptures [Interlineare del Regno], 1985 edito dalla WTB&TS, Appendice 3C, pagg. 1149-1151.

 

Insight on the Scriptures-'Impalement' [Perspicacia: 'Impalamento'], Vol. 1, pagg. 1190-1192. (WTB&TS) - Come Gesù poté essere impalato* sullo stauros. Figura riportata nell'edizione della Torre di Guardia inglese del 15/8/1987 pag. 24 (WTB&TS)

La crux simplex com'è stata illustrata dall'erudito cattolico romano Justus Lipsius nel suo libro De Cruce Libri Tres.

Il disegno in bianco e nero apparso a pag. 114 del libro "L'arpa di Dio" (1921) scritto da J.F. Rutherford allora presidente della Watchtower Bible & Tract Society (WTB&TS).

Fu solo nel 1936 nel libro "Ricchezza", sempre di Rutherford, che fu chiarito per la prima volta ai testimoni di Geova il fatto che Gesù non fu giustiziato su una croce, ma su un palo. Da quella data in poi la letteratura della WTB&TS raffigurò sempre Gesù sul palo ogni volta che faceva riferimento alla sua esecuzione capitale. Nella prima edizione della TNM delle Scritture Greche Cristiane del 1950 un'appendice mostra chiaramente l'appropriata traduzione del greco "stauros" in "palo di tortura", anziché in "croce". E' interessante come l'appendice citi il libro La croce e la crocifissione di Herman Fulda, Breslavia, Germania, 1878, che in parte dichiara:

"Gli alberi non erano sempre disponibili dovunque si facessero pubbliche esecuzioni capitali. Perciò si conficcava nel terreno un semplice palo e su di esso i fuorilegge venivano legati o inchiodati con le mani levate verso l'alto e spesso venivano loro inchiodati anche i piedi… Questa croce semplice era il più antico strumento eretto da mani umane per la punizione con la crocifissione; e a motivo della sua grande semplicità si è conservata fino alla fine in questa forma al pari della sua doppia versione alquanto più artificiosa". L'autore deduce che Gesù "morì su un semplice palo di esecuzione: a sostegno di questa tesi sono presi in considerazione (a) gli strumenti di esecuzione capitale allora usuali in oriente, (b) indirettamente il medesimo racconto delle sofferenze di Gesù e (c) molte espressioni dei primi padri della chiesa". - pagg. 156, 339.

*La parola "impalare" deriva dal latino medievale "impalere", dal latino "in" "su" + "palus" "palo". Quindi i dizionari definiscono questa parola "perforare con, appendere su, qualche cosa appuntita; trafiggere" e "punire o torturare appendendo su un palo". Perciò l'uso della parola "impalare" nel NT per descrivere come Gesù fu appeso su un palo è alquanto appropriato.

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Nel 1968, in una caverna adibita a luogo di sepoltura a Giv'at ha-Mivtar furono scoperti i resti di un cadavere di sesso maschile appartenente ad un uomo giustiziato sotto il dominio romano. Questa è stata la sola evidenza antropologica della pratica di "crocifissione" o di "impalamento". La descrizione originale di questo reperto suscitò molto interesse fra gli eruditi. Tuttavia, a causa delle pressioni esercitate da certe autorità religiose, l'analisi dei resti fu effettuata in maniera affrettata da parte del prof. Nico Haas e della sua équipe medica, e questi fatti furono poi pubblicati su alcuni articoli.

Uno di questi, scritto da un certo Vassilios Tzaferis, che aveva scoperto il cadavere, verteva sui ritrovamenti dell'équipe e cercava di descrivere la posizione in cui si trovava il morto sullo strumento di esecuzione. Da allora è stata fatta una rivalutazione. Ho sentito dire spesso da alcuni, coi quali mi sono incontrato, che questo ritrovamento dimostra che Gesù sia morto su una croce. I resti dell'uomo, tuttavia, non ne danno alcuna prova e per due ragioni. (1) Quest'uomo può non essere stato giustiziato su una croce, benché alcuni pensino che sia una cosa sicura. Egli può essere morto su un semplice palo. La ragione per cui alcuni suppongono che quest'uomo fu giustiziato su una croce è basata parzialmente sulla perizia originale del prof. Haas e sugli articoli in cui era stata riportata. Da allora sono emerse delle incongruenze che hanno dato luogo ad una rivalutazione di alcuni aspetti del caso. (2) Anche se quest'uomo può, ma non c'è ancora nessuna prova secondo quanto si è detto, essere morto su uno strumento a forma di croce, come può questo caso dimostrare che anche lo "stauros" usato per giustiziare Gesù fosse una croce, quando esiste l'evidenza che per Gesù è stato usato un semplice palo diritto? La rivalutazione fu effettuata da Joseph Zias del Dipartimento delle Antichità e dei Musei d'Israele e da Eliezer Sekeles della Scuola Medica dell'Università ebraica Hadassah di Gerusalemme.

Una buona descrizione della loro rivalutazione scaturita da una controperizia fu pubblicata in un articolo di sei pagine sul Israel Exploration Journal [Giornale di esplorazioni israeliano], Vol. 25, pagg. 22-27, intitolato The Crucified Man from Giv'at ha-Mitvar: A Reappraisal. [L'uomo crocifisso di Giv'at ha-Mitvar: Una controperizia] Questa controperizia cambiò parecchie delle deduzioni che erano state fatte in merito alla posizione assunta dall'uomo nel corso della sua "crocifissione". A pag. 27 c'è un diagramma: "Nuova ricostruzione proposta della sua posizione durante la crocifissione", in cui potete notare un uomo con ciascuno dei piedi inchiodati su un palo verticale. Il diagramma mostra pure che le braccia sono legate ad un pezzo di legno che forma una croce. (Questo diagramma fu riprodotto nell'articolo "Dov'erano le sue gambe", nella Torre di Guardia menzionata sopra) Ma i resti di quest'uomo non danno tuttavia adito a supporre un'evidenza che fosse giustiziato su una croce, poiché mostra solo come i periti immaginarono la dinamica dell'esecuzione capitale. Com'è stato detto più sopra, esiste anche la possibilità che egli morisse su un palo diritto. Lo stesso Dr. Zias ha dichiarato a chi gli ha posto domande circa la posizione in cui l'articolo raffigurava il condannato appeso alla "croce":

"La nostra ricostruzione della posizione delle braccia appese al legno è puramente ipotetica. Le braccia possono essere state appese in vari modi (inclusa la posizione al di sopra della testa su un palo diritto)".

(Vedete anche: New Analysis of the Crucified Man, Biblical Archaeology Review). [Nuova analisi dell'uomo crocifisso, Rivista biblica archeologica] Vedete Crucifixion in Antiquity [Crocifissione nell'antichità] di J. Zias.

Vedete anche: New Analysis of the Crucified Man, Biblical Archaeology Review. [Nuova analisi dell'uomo crocifisso, Rivista biblica archeologica] La parola "crocifisso" usata nel titolo di questi articoli, a mio avviso, potrebbe avere un effetto fuorviante nella mente dei lettori, poiché darebbe loro l'impressione che esista una prova sicura della "crocifissione" di quest'uomo su una "croce". Tuttavia, l'autore dell'articolo, nell'usare questa parola, non intende affermare che quest'uomo morì su uno strumento a forma di croce. Vedete la citazione dal Anchor Bible Dictionary summenzionato, in cui la parola "crocifissione" potrebbe significare un'esecuzione fatta su un semplice palo. I nuovi investigatori Zias e Sekeles descrissero il modo in cui l'uomo "crocifisso" fu appeso alla croce: "Le fonti letterarie dell'epoca romana contengono numerose descrizioni della crocifissione, ma poco esatti dettagli su come i condannati fossero appesi sulla croce. Sfortunatamente, l'evidenza fisica diretta che è stata raccolta qui, è anche limitata a un calcagno trafitto da un chiodo di ferro di 11,5 cm. con tracce di sangue alle sue estremità". In sintesi, benché la scoperta abbia grande rilevanza per il mondo degli eruditi, non aggiunge assolutamente nulla a quanto abbiamo già capito della forma dello strumento di esecuzione capitale usato per Gesù.

Altri ancora possono far notare che esista un'altra prova archeologica che i cristiani "usassero" la croce nel primo secolo e che questa particolare prova suggerisca la forma dello strumento di esecuzione su cui morì Gesù. A Capernaum c'è una sinagoga costruita nel primo secolo, "La Casa di San Pietro", sulle cui pareti si vedono graffiti a forma di "croce". Tuttavia, l'intonaco sul quale si trovano, è di età molto più recente di quella originale dell'edificio stesso, che è stato rintonacato parecchie volte! L'ovvia conclusione è che i graffiti non sono del secolo originale.

Uno scrittore ha affermato:

"Scoperte storiche hanno convalidato l'uso della croce tradizionale. E' stato compiuto il ritrovamento di un graffito sui muri del Palatino romano, di data poco posteriore al 200 E.V. Raffigura un somaro crocifisso, la derisione di un cristiano prigioniero che adora Cristo. I Romani erano divertiti dal fatto che i cristiani adorassero il Gesù che essi avevano messo sulla croce".

Va detto questo: questo disegno fu scoperto nel 1856 sui muri dell'edificio suddetto. Questo "somaro crocifisso" ha il corpo umano, ma la testa di animale. Le braccia sono allargate. Due linee tracciate a forma di croce appaiono davanti e non dietro questo disegno, parallele alle braccia e alle gambe. E' corredato da una didascalia di questo contenuto: "Alexamenos adora il suo Dio". E' stato fatto notare che le linee formanti la 'croce' possono non far parte del graffito originale. Inoltre, la testa è più simile a quella di uno sciacallo che a quella di un somaro, e pertanto più in sintonia con quella che potrebbe essere benissimo la rappresentazione del dio egiziano Anubi. Questa di sicuro non costituisce l'evidenza di una croce o di una crocifissione come [fosse stata] disegnata da cristiani nella prima parte del terzo secolo.

Il prof. Graydon F. Snyder così commenta questo pezzo di graffito:

"Nel 1956 fu scoperto un disegno nel reparto della servitù dentro il Palazzo imperiale di Roma, raffigurante un certo Alexamenos con la mano destra rivolta verso un somaro crocifisso. Sotto la croce sta scritto: … Presumibilmente quest'iscrizione dovrebbe essere tradotta "Alexamos adorante Dio". Sebbene non si possa stabilire una data per questo disegno, si può facilmente dedurre che il suo contenuto denigratorio ha lo scopo di schernire il cherigma cristiano e che, essendo stato fatto da un nemico della fede cristiana, può difficilmente provare che la croce fosse un simbolo dei primi cristiani".

Anche il Prof. Graydon scrisse: "Il segno della croce è stato un simbolo risalente alla remota antichità, presente in quasi ogni nota cultura. Il suo significato è sfuggito agli antropologi, sebbene la sua presenza nell'arte funeraria possa indicare una difesa contro il male. D'altronde, la famosa crux ansata egiziana, rappresentata come proveniente dalla bocca, deve riferirsi alla vita o al respiro. L'uso universale del segno della croce rende ancor più sensazionale la mancanza di croci nei resti risalenti alla prima epoca cristiana, specialmente di qualsiasi riferimento all'evento del Golgota. La maggior parte degli eruditi si trovano adesso d'accordo nel riconoscere che la croce, come riferimento artistico all'evento della passione, non ha potuto essere trovata prima dell'epoca di Costantino… Nel 1938, in occasione della celebrazione del bicentenario degli scavi di Ercolano, una casa, chiamata appropriatamente Casa del Bicentenario, fu portata alla luce e aperta al pubblico. In una seconda area archeologica gli scavatori trovarono uno spazio disadorno a forma di croce. Ovviamente, qualche oggetto cruciforme che era rimasto appeso a una parete, fu tirato giù o portato via prima dell'eruzione del 79 E.V.

E' probabile che ad Ercolano ci fossero dei cristiani. Sono state trovate abbondanti tracce di presenza giudaica. Non dovrebbero esistere ragioni per dubitare della presenza di cristiani, né che essi si adunassero in case come la Casa del Bicentenario. Ma la cosiddetta croce sarebbe potuta essere un oggetto appeso al muro mediante due pezzi di croce. Ma se fosse stata una croce, avrebbe costituito un'irrazionalità nell'evoluzione dell'arte protocristiana: sarebbe comparsa trecento anni in anticipo.

Un secondo accostamento al problema della tarda apparizione della croce in epoca protocristiana è stato quello di assegnare il ritrovamento di croci alla matrice sociale … La maggior parte di esempi di croci con possibili implicazioni protocristiane è stata reperita in Palestina …Non si deve negare l'esistenza di questi comuni segni di croce nell'area mediterranea e nemmeno il riferimento fatto ad essi da parte dei primi scrittori cristiani, tuttavia non hanno nessuna relazione con la crocifissione di Gesù. La presenza del simbolo della croce è riscontrabile nell'arte cristiana di stile romanico solo nella primissima parte del quarto secolo e con certezza a partire dal quinto. Tzaferis non trova croci cristiane in Palestina prima della metà del quarto secolo.

Un terzo metodo è stato quello di scoprire croci criptate. Specialmente come quelle che Testa nota in molte decorazioni. Ancora più popolare è l'assegnazione del simbolo della croce ad ancore, alberi di navi e simili … Altri, come Guarducci, credono che i primi cristiani simboleggiassero la loro fede scrivendo la tau greca (T) più grande delle altre lettere, o usando comuni abbreviazioni come XP per esprimere la loro devozione a Cristo. Confutare i significati di un simbolo criptato sarebbe più difficile che provarli. L'onere della prova spetta a coloro che trovano significati particolari.

Mentre nell'arte protocristiana potrebbe benissimo trovar posto la croce protettiva di matrice sociale, non c'è posto per la croce cherigmaticaNel terzo secolo non c'è posto per un Cristo crocifisso, o per un simbolo di morte divina …" - Ante Pacem - Archaeological Evidence of Church Life Before Constantine [Prima della Pace - Evidenza archeologica della vita della Chiesa prima di Costantino] (1985) pagg. 26-29. Il corsivo è nostro.

Resta tutta qui l'"evidenza" archeologica che vorrebbe mettere Cristo su uno strumento di esecuzione capitale cruciforme.

Nell'edizione 1950 della TNM c'è un'appendice inerente alla parola stauros. Vi è menzionato che l'eroe greco Prometeo sia stato legato ad un palo. Poiché molte opere di riferimento asseriscono che Prometeo sia stato legato ad una roccia, la WTB&TS fu "sfidata" a provare questa sua dichiarazione. Lo fece rispondendo ad una "Domanda dei lettori" nell'articolo pubblicato nella Torre di Guardia inglese del 15 Marzo 1951, pag.190.

"Proprio come avete saputo, anche l'Enciclopedia Americana nel suo articolo su 'Prometeo incatenato', la tragedia del poeta greco Eschilo, rappresenta Prometeo imprigionato ad una roccia del Caucaso mentre lavora ad una forgia. Tuttavia, preferiremmo indicarvi il libro The History of the Devil and the Idea of Evil from the Earliest Times to the Present Day [La storia del Diavolo e l'idea del male dai primissimi tempi al giorno d'oggi], del Dr. Paul Carus, pubblicato a Chicago da The Open Court Publishing Co. nel 1900. A pag. 210 presenta l'illustrazione di un uomo legato ad un palo, con la didascalia 'Prometeo legato da Zeus al palo (o alla croce) ed esposto all'aquila. Liberato da Ercole (Un vaso trovato a Chiusi, ora a Berlino). Baumeister, D. dcl.A., pag. 1410)". In questa pagina il Dr. Carus dichiara: "Nonostante il grande miscuglio di mitologia straniera, Ercole è diventato l'eroe nazionale della Grecia e il concetto greco della salvezza ha trovato in lui l'espressione più tipica, che è stata elaborata meravigliosamente da Eschilo in una grande tragedia che rappresenta Prometeo (il precursore) come simbolo del genere umano che lotta e soffre, legato al palo della miseria da Zeus che lo ha castigato per avere peccato nel portare sulla terra la gioia con gli elementi della luce e del fuoco. Ma alla fine Ercole, il divino salvatore, arriva da lui e lo libera dopo aver ucciso l'aquila che aveva lacerato il fegato al coraggioso eroe. Prometeo ed Ercole rappresentano la persona composita del Salvatore Gesù Cristo. La somiglianza del racconto del Golgota al mito di Prometeo non è puramente casuale. Notate che in alcune delle immagini più antiche, come p. es. sul vaso di Chiusi [pag.211] (vedete l'illustrazione a pag. 210), Prometeo non è incatenato ad una roccia, ma legato ad un palo, cioè ad uno [stauros] o a una croce, e gli autori greci usano frequentemente espressioni con i verbi ananskolopizeothai (Eschilo) e anastaurousthai (Luciano) che significano 'essere crocifisso'".

"Alle pagine 217, 218 il Dr. Carus afferma: 'Platone, il quale, avendo forse l'impressione che Eschilo concepisse il tragico fato di Prometeo, parla dell'uomo perfetto che volle essere - piuttosto che apparire - giusto: 'Essi vi diranno che l'uomo giusto, se ritenuto ingiusto, sarà flagellato, angariato, legato; gli saranno bruciati gli occhi e infine, dopo aver sofferto ogni genere di male, sarà appeso sul palo'. La cosa più strana di questo brano è che la parola che significa 'egli sarà appeso sul palo' o 'attaccato al palo' è un sinonimo più antico del termine contenuto nel NT che è comunemente tradotto 'crocifiggere'".

"Quanto è stato detto sopra è in sintonia con la TNM delle Scritture Greche Cristiane nella sua Appendice a pag. 769 [ediz. inglese], nella quale afferma che lo strumento sul quale Gesù fu inchiodato era un palo senza braccio trasversale e non lo strumento della 'croce' raffigurato nell'arte religiosa e che la parola greca usata per quello strumento nell'antichità, in antitesi alla convenzione religiosa, aveva il significato di 'palo' e non di croce".

In merito all'uso della crocifissione usata in epoche cristiane e precristiane come strumento di tortura e di esecuzione, il più atroce per mettere fine alla vita dei malfattori, vorrete leggere qui sotto.

Nel corso di una discussione fatta su una pagina di rete internet apparve un commento inerente al significato che la Società WTB&TS dà nelle sue pubblicazioni alla parola stauros e alla forma dello strumento di crocifissione. Lo riporto qui di seguito:

"CITAZIONE…….CITAZIONE ERRONEA: Nel suo libro 'Ragioniamo facendo uso delle Scritture' la Società Watchtower cita varie fonti per sostenere la sua teoria del 'palo di tortura'. Queste pubblicazioni non solo sembrano autorevoli, ma sembrano anche supportare le affermazioni che la Società fa sul 'palo di tortura' anziché la tradizionale croce. Tuttavia, quello che molti non sanno è che la Società Watchtower non è stata onesta nel citare le sue fonti. Per esempio, una delle pubblicazioni citate dalla Società nel suo libro "Ragioniamo…" a pag. 89 dell'edizione inglese [pag. 85 dell'edizione. italiana] è The Imperial Bible Dictionary. [Dizionario Biblico Imperiale] Qui di seguito riporto la citazione della Watchtower con le parole, che essa ha omesso, evidenziate in ROSSO: "Il Dizionario Biblico Imperiale lo riconosce, affermando: "La parola greca per croce (stauros) significa propriamente un palo verticale, o un elemento di una palizzata, a cui appendere qualsiasi cosa, o che si poteva usare per recintare un appezzamento di terra … Ma si verificò un cambiamento quando il dominio e le usanze di Roma si estesero alle nazioni in cui si usava la lingua greca.

Anche tra i Romani la crux (da cui deriva la nostra croce) pare fosse in origine un palo verticale, ed è sempre rimasta la parte più prominente. Ma da quando cominciò ad essere usata come strumento di punizione, divenne usuale l'aggiunta di un braccio trasversale di legno …all'incirca nel periodo evangelico la crocifissione veniva eseguita appendendo i criminali sul braccio trasversale di legno"". - Il corsivo è nostro.

Tuttavia, questo tentativo di mettere in cattiva luce l'uso che la WTB&TS fa del Dizionario Biblico Imperiale può essere smascherato facilmente come una menzogna. Poiché il testo accusatorio ha nascosto ai suoi lettori quello che il libro "Ragioniamo facendo uso delle Scritture" a pag. 89 dell'edizione inglese [pag. 85 dell'edizione italiana] dichiarava appena prima di citare il suddetto dizionario. La parte di testo omessa [intenzionalmente], che metterò in blu, dice quanto segue: "La parola greca tradotta 'croce' in molte versioni bibliche moderne ("palo di tortura" nella TNM) è stauros. Nel greco classico questa parola significava semplicemente un palo diritto o asta. In tempi successivi venne usato come palo di esecuzione capitale con un braccio trasversale di legno. Il Dizionario Biblico Imperiale riconosce …" - il corsivo blu è nostro. Invece di essere "disonesta" la WTB&TS, tristemente ha dimostrato di esserlo proprio il testo accusatorio. Notate pure che il dizionario ha dichiarato inoltre che stauros era "in origine un palo diritto" "sempre rimasto la parte più prominente". Quanto abbiamo trattato in questa pagina mostra già che, sebbene i Romani usassero due pezzi di legno messi ad angolo retto per giustiziare i criminali, dobbiamo affrontare il fatto che gli scrittori biblici non danno alcuna indicazione di uno strumento di esecuzione diverso dal palo usato per giustiziare Gesù.

Il testo accusatorio continua a dire:

"A pag. 91 del "Ragioniamo" inglese [pag. 87 di quello italiano] la Società cita The Cross in Ritual, Architecture, and Art, [La croce nel rito, nell'architettura e nell'arte, Londra 1900, pag.1], di G.S. Tyack per mostrare che la croce era usata in origine nell'adorazione pagana, ma esclude la citazione di quello che segue: "In tutto questo i cristiani dei primi secoli avrebbero esultato, ritenendola una profezia mondiale della Croce del Redentore".

Ovviamente, quello che il testo nasconde, ripetutamente, ai suoi lettori è che questa fonte bibliografica ed altre tre contenute a pag. 91 [pag. 87 dell'edizione italiana] del libro "Ragioniamo" sono inserite nel sottotitolo "Quali sono le origini storiche della croce della cristianità?" (pag. 90) [pag. 86]. Pertanto il testo citato da Tyack dice così: "E' strano, eppure certo, che in epoche molto più antiche della nascita di Cristo, e, successivamente, in paesi non raggiunti dagli insegnamenti della Chiesa, la Croce sia stata usata come simbolo sacro … Il greco Bacco, il tiro Tammuz, il caldeo Bel e il norvegese Odino furono tutti simboleggiati presso i loro devoti da un oggetto cruciforme", fu appropriato e confacente. Tuttavia, l'argomentazione a cui Tyack premette "strano, eppure certo" era per l'appunto la sua opinione che non è sostenuta affatto da alcuna evidenza archeologica. Abbiamo già letto ciò che il professor Graydon ha scritto riguardo al fatto che i cristiani dei primi secoli non usavano la "croce" nella loro adorazione e nelle loro preghiere. Certamente i "cristiani dei primi secoli" non "esultavano" affatto nelle usanze pagane della croce come simbolo della loro adorazione. Accadde quello che è stato riportato correttamente da Vine "Dalla metà del terzo secolo E.V. le chiese cominciarono a travisare certe dottrine della fede cristiana o ad allontanarsene. Per aumentare il prestigio del sistema ecclesiastico apostata, i pagani furono accolti nelle chiese senza essersi convertiti alla fede e fu ampiamente concesso loro di conservare i loro segni e simboli pagani. Di conseguenza, la Tau o T, nella sua più usuale forma col braccio trasversale, fu adottata come simbolo della croce di Cristo".

E' molto facile per un detrattore della WTB&TS trovar da ridire su una traduzione dalla quale dissente. Ma è triste se lo fa accusando falsamente la WTB&TS di disonestà.

Consideriamo le parole di Gesù riportate in Giovanni 21:18, 19:

"18 Verissimamente ti dico: Quando eri più giovane, ti cingevi e camminavi dove volevi. Ma quando invecchierai stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non desideri". 19 Questo lo disse per significare di quale sorta di morte egli avrebbe glorificato Dio. E quando ebbe detto questo, gli disse: "Continua a seguirmi". - TNM

Rispondendo a una 'Domanda dei lettori' in merito a se Pietro fosse stato 'crocifisso su una croce o su un palo, la Torre di Guardia 1/5/1972 pag. 287:

"Giovanni 21:18, 19 dice riguardo all’apostolo Pietro: "‘Quando eri più giovane, ti cingevi e camminavi dove volevi. Ma quando invecchierai stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non desideri’. [Gesù] disse questo per significare di quale sorta di morte [Pietro] avrebbe glorificato Dio". Queste parole si riferiscono specificamente alla morte per crocifissione o al palo? — U.S.A.

L’antico storico religioso Eusebio riferisce che Pietro "fu crocifisso con la testa in giù, avendo chiesto egli stesso di soffrire in tal modo". Comunque, la profezia di Gesù riguardo alla morte di Pietro non era così specifica. A Catholic Commentary on Holy Scripture riconosce: "Poiché lo stendere le mani è messo prima del cingersi e dell’essere condotto via, è difficile discernere come si deve intendere. Se l’ordine fa parte della profezia, dobbiamo supporre che il prigioniero fosse legato al patibulum prima d’essere cinto e condotto all’esecuzione".

Se non fosse dunque per la tradizione narrata da Eusebio, la stessa dichiarazione di Gesù non additerebbe una morte mediante crocifissione o al palo. Considerando le parole di Giovanni 21:18, 19 senza tener conto della tradizione, perverremmo alla seguente conclusione: Negli anni in cui era più giovane Pietro poteva cingersi a piacere per qualsiasi compito volesse adempiere. Aveva la libertà di andare dove voleva. Ma negli anni successivi della sua vita le cose sarebbero cambiate. Avrebbe dovuto stendere le mani, forse in sottomissione a qualcun altro. Un altro uomo lo avrebbe preso sotto il suo controllo, cingendo Pietro (legandolo o preparandolo per quello che doveva venire) e conducendolo a un luogo dove egli non voleva andare, evidentemente il luogo dell’esecuzione. Pertanto la profezia di Gesù riguardo a Pietro indicava realmente che l’apostolo sarebbe morto di una morte da martire; ma non è necessariamente sottintesa la maniera di questa morte".

Si potrebbe aggiungere che la parola "cingerà" al vers. 18 è ZWSEI (futuro di ZWNNUMI) ed è riportata anche in Atti 12:8 ed è sempre usata nella LXX (e generalmente anche in altre opere greche) nel senso di cingere indumenti o armature, ma non esiste un solo esempio che sia usata nel senso di legare criminali. È proprio il primo significato che troviamo nelle parole di Gesù al vers. 18: "Quando eri più giovane, ti cingevi (Greco: EZWNNUES). Può avere ancora avuto lo stesso significato nella seconda volta in cui è usato da Gesù nello stesso versetto "e un altro [uomo] ti cingerà". Lo possiamo confrontare anche con DIEZWSATO (aoristo medio DIAZWNNOMI) "cingersi indossando la tunica e lasciar cadere una piega sopra la cintola" in 21:7. [in cui Pietro si cinse la sopravveste prima di gettarsi in acqua] Giovanni 21:18, 19 non ci fa sapere come Pietro morì glorificando Dio, e certamente non può essere usato per dimostrare che Gesù morì su una croce!

Questo è confermato da A Bible Commentary for English Readers [Un commentario biblico per lettori inglesi], edito da C.J.Elliott, Vol. VI, pag. 549:

"Tu stenderai le tue mani e un altro ti cingerà. Queste parole alludono alla crocifissione di Pietro? La tradizione, da Tertulliano verso tempi più recenti (Scorp. 15, De Praescr. 35) attesta che egli fu crocifisso, interpretando questa profezia in base agli eventi. Tertulliano stesso espone questo intendimento scrivendo: "Quindi Pietro è cinto da un altro mentre questo lo appende alla croce".

Ma d'altra parte, (1) il cingere (con catene) dovrebbe aver luogo prima e non dopo la crocifissione; (2) se fosse inteso che le mani dovessero essere inchiodate alla croce, sarebbe più naturale parlare di un altro modo di stendere le mani (3) l'ultima frase 'e ti condurrà dove non desideri' potrebbe non indicare un evento in successione cronologica, come a dire che gli farebbe stendere le mani sulla traversa della croce.

Sembra perciò impossibile adottare il tradizionale riferimento alla crocifissione; dobbiamo intendere le parole 'stenderai le tue mani' come il lasciarsi prendere per farsi cingere. Il contesto non rivela qual tipo di morte sia inteso. Troviamo quindi un completo parallelismo nella seconda coppia di frasi, come nella prima e nella terza, nell'intendere che lo stendere le mani avvenga mentre ci si lascia cingere da un altro, in contrasto con 'cingere se stesso'".

"Stendi le tue mani" [Giovanni 21:18] Se inteso come stendere le mani sulla croce, secondo l'opinione di certi interpreti, è fantasioso". - Vincent's Word Studies (il corsivo è nostro)

"La croce era offensiva per i Giudei, assurda per i Gentili. Questa figura rappresenta un'esecuzione capitale ad Alicarnasso".

The Lion Handbook to the Bible, Lion Publishing, 1992, pag. 591.

I cristiani del primo secolo E.V. avrebbero venerato l'impalamento col quale fu giustiziato il loro Signore Gesù? Dovrebbero farlo i cristiani di oggi? "Invece di considerare il palo di tortura, su cui fu giustiziato Gesù, una reliquia da venerare, i cristiani ebrei come Simon Pietro lo avrebbero considerato una cosa abominevole. In Galati 3:13 l'apostolo Paolo cita Deuteronomio 21:23: "È scritto: 'Maledetto ogni uomo appeso al palo'". Perciò i cristiani ebrei avrebbero ritenuto maledetto ed odioso il palo sul quale Gesù fu giustiziato. L'illustre studioso ebreo Mosè Maimonide del dodicesimo secolo afferma: "Essi non avrebbero appeso nessuno su un albero attaccato al suolo con le radici, ma su un tronco sradicato, per non dare turbamento: giacché il legno usato per l'esecuzione capitale viene poi sotterrato per evitare che il nome del malvagio resti esposto e che la gente dica: 'Questo è il palo sul quale il Tal dei Tali è stato appeso'. Questo dicasi anche per le pietre con le quali qualcuno è stato lapidato, per la spada con la quale qualcuno è stato messo a morte e per l'abito o il mantello col quale qualcuno è stato strangolato; tutti questi oggetti vengono sotterrati insieme agli uccisi. Apud Casaub. in Baron. Exercitat. 16, An. 34, Num. 134. Dice Kalinski in 'Vaticinia Observationibus illustrata', pag. 342: "In conseguenza al fatto che un uomo appeso al palo era considerato la più grande abominazione, gli ebrei odiavano altre cose oltre al palo di esecuzione, e li seppellivano sotto terra come cose altrettanto abominevoli".

Se qualcuno volesse obiettare che essi avrebbero potuto considerare cara la croce anche senza venerarla, allora noi risponderemmo: "Com'è possibile che questo simbolo pagano, usato da religioni pagane prima e dopo il primo secolo, possa trovare posto nella vita dei cristiani, alla luce di quanto Paolo afferma in 2 Cor. 6:14-18?

[14 Non siate inegualmente aggiogati con gli increduli. Poiché quale associazione hanno la giustizia e l’illegalità? O quale partecipazione ha la luce con le tenebre? 15 Inoltre, quale armonia c’è fra Cristo e Belial? O quale parte ha il fedele con l’incredulo? 16 E quale accordo c’è fra il tempio di Dio e gli idoli? Poiché noi siamo il tempio dell’Iddio vivente; come Dio disse: "Io risiederò fra loro e camminerò fra [loro], e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo". 17 "‘Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi’, dice Geova, ‘e cessate di toccare la cosa impura’"; "‘e io vi accoglierò’". 18 "‘E io vi sarò padre e voi mi sarete figli e figlie’, dice Geova l’Onnipotente".]

Può un cristiano 'adoperare' un simbolo pagano venerato come idolo da pagani, pur affermando che la sua adorazione sia libera da idolatria solo perché la sua religione non usa la croce come 'idolo'?"

 

LA CROCE NON CRISTIANA, Padri, Capitolo II. (torna all'indice)

 L'EVIDENZA DI MINUCIO FELICE.

 

I padri che scrissero in latino usarono la parola croce per tradurre la parola greca stauros. Pertanto è degno di nota che perfino questa parola latina "crux", dalla quale deriviamo le nostre parole "croce" e "crocifiggere", non ebbe, nei tempi antichi, ineluttabilmente il significato di qualcosa di cruciforme, e pare avesse in origine un significato alquanto diverso. Per esempio, un riferimento agli scritti di Livio mostrerà che al suo tempo la parola crux, qualsiasi cosa potesse significare, significò un singolo pezzo di legno. Egli lo usò con questo significato.

Tuttavia questo punto è più curioso che importante, poiché, ammettendo pure che la parola crux abbia sempre ed invariabilmente significato qualcosa di cruciforme, non cambierebbe il fatto già dimostrato che la parola stauros non ha quel significato.

Poiché le nostre Scritture furono scritte in greco nel primo secolo E.V., la questione vitale è quale fosse il significato della parola stauros a quel tempo, quand'era usata, come nel NT, senza attributi che non fossero quelli di un comune stauros. Il significato attribuito dai Padri della chiesa all'epoca nella loro traduzione latina, anche dello stesso secolo, non era diverso. In verità, persino i primissimi Padri che ci hanno tramandato le loro opere indiscusse, non scrissero fino alla metà del II secolo.

Ammettendo tuttavia, come dovrebbero tutti, che la maggior parte, se non tutti i primi Padri, e certamente tutti quelli di età più tarda, intendessero a torto o a ragione la parola stauros come un oggetto cruciforme, rammentando che qui non si decide chi ha torto o ragione, in questo e nei successivi due capitoli passeremo in rassegna i riferimenti fatti alla croce dai Padri che erano in vita prima della marcia di Costantino su Roma al comando della sua armata gallica.

Cominciamo, in ordine d'importanza, dalle prove fornite da Minucio Felice, riportate qui sotto:

"Sicuramente vediamo il segno naturale di una croce nella nave che solca i mari a vele spiegate o con i remi immersi nell'acqua; nel giogo militare sollevato, nelle braccia allargate da chi adora Dio con mente pura. Pertanto il segno della croce è sostenuto da una ragione naturale o dal rispetto tributatogli dalla vostra religione".

Varie affermazioni di contenuto analogo sono riscontrabili negli scritti di altri Padri cristiani. e sono usate come prove conclusive dell'origine cristiana di quello che è ora il simbolo cruciforme della cristianità. [l'autore scrive 'il nostro simbolo', ma noi non possiamo ovviamente appropriarcene] In realtà è tuttavia alquanto discutibile che lo possiamo affermare onestamente, poiché, nel caso che gli scrittori avessero creduto nei loro cuori che la croce fosse lo strumento d'esecuzione capitale su cui fu appeso Gesù, si presenta il quesito se essi avessero omesso, come fecero nello stesso momento, di menzionarla come giusta, appropriata e sufficiente ragione per venerare la figura della croce.

Per di più è del tutto chiaro che, come sarà dimostrato più avanti, mentre il simbolo della croce è stato per secoli un simbolo pagano della vita, difficilmente si possa dire, come in precedenza, che la croce sia diventata un simbolo cristiano prima dell'epoca di Costantino.

Nessun simbolo cruciforme di legno o altra materia ha mai avuto un ruolo nel cristianesimo del II o III secolo; la sola croce usata dai cristiani di quel tempo era l'immateriale segno tracciato sulla fronte di coloro che erano sottoposti al rito iniziatico non mosaico e di origine pagana del battesimo, e in altra epoca anche in sintonia con alcuni Padri, apparentemente come scongiuro contro le macchinazioni di spiriti malvagi.

Un "segno" o "segnale", anziché un "simbolo" cruciforme, pare fosse stato adottato da scrittori cristiani del II o III secolo prima della nostra era nei riti degli adoratori di Mitra, se non pure dagli adoratori di altre concezioni del dio Sole; è da notare che i Padri insistono nel dire che un segno simile era stato tracciato, come riporta il profeta Ezechiele, sulla fronte di certi uomini come segno di vita e salvezza, stando all'originale ebraico di Ezechiele ix.4 "Poni un tau sulle fronti degli uomini" e stando al fatto che il tau ai giorni del profeta menzionato, come abbiamo appreso da vestigia del passato, era cruciforme.[Noi intendiamo quel segno diversamente] Non si dovrebbe nemmeno dimenticare che quelli che erano iniziati ai riti del dio Sole Mitra erano segnati con questo marchio, come Tertulliano ammette tentando di spiegare che erano fatti ad imitazione degli allora disprezzati cristiani!

Che quello era un segno o segnale immateriale, anziché un materiale simbolo cruciforme, che Minucio Felice considerava cristiano, è dimostrato dal fatto che il brano riportato sopra è corredato dall'osservazione che "Per di più, noi cristiani non veneriamo né desideriamo le croci. In verità, voi che consacrate dei di legno, venerate croci di legno, forse come parti dei vostri dei. Poiché i vostri veri e propri vessilli, come le vostre bandiere e gli stendardi dei vostri partiti, non sono altro che croci adornate e dorate. I vostri trofei di vittorie imitano non solo l'aspetto della croce, ma anche quello di un uomo crocifisso". Questa ragguardevole denuncia della croce come simbolo pagano da un Padre della chiesa cristiana, vissuto non più tardi del III secolo d.C., è degno di speciale attenzione; difficilmente si può dire che possa essere avvalorata la versione ortodossa dell'origine della croce come simbolo cristiano. A ogni modo è chiaro che la croce fu riconosciuta come nostro simbolo non in quella data; ed è più probabile che l'abbiamo adottata noi dagli adoratori del Dio Sole, che non da noi gli adoratori di Mitra e di altre religioni precristiane del dio Sole.

Dal momento che il crocifisso fu introdotto non prima del VI o VII secolo della nostra era, e che la primissima raffigurazione dell'esecuzione capitale di Gesù ancora esistente o della cui esistenza si fa menzione in qualche opera, fu di data perfino più tarda, dobbiamo mettere in molta evidenza quella che noi dichiariamo essere una caricatura della crocifissione di Gesù e di data molto più anteriore. La raffigurazione in questione consiste in un disegno scoperto nel 1856, scarabocchiato su una parete della Casa Gelotiana sotto il Palatino di Roma; il disegno in questione, consistente in uno scarabocchio, fu scoperto nel 1856 su una parete della Casa Gelotiana sotto il Palatino di Roma; dal momento che raffigurazioni cristiane dell'esecuzione menzionata su uno strumento cruciforme non esistono nemmeno in data ragionevolmente anteriore, sarebbe naturalmente per noi di grande interesse citare questa caricatura, che pare risalga al III e forse perfino al II secolo, come prova indipendente della veracità della nostra storia. Ma possiamo dirlo onestamente?

Il disegno in questione raffigura molto rozzamente un uomo con braccia, gambe e piedi umane, ma con la testa animale. Le sue braccia sono spalancate; una linea interseca un'altra linea come a delineare, a quanto si dice, una croce, ma davanti alla figura, anziché dietro ad essa, parallelamente alle braccia e al tronco. In primo piano si nota un uomo nell'atto di guardare la grottesca figura, con un'iscrizione che dice: "Alexamenos adora il suo dio".

Tertulliano riferisce che un certo ebreo "portava con sé pubblicamente una caricatura di noi con la dicitura Un asino di un prete. Questa figura aveva le orecchie d'asino, con uno zoccolo ad un piede, vestita di una toga con un libro".

Basandoci sul vigore di questo passaggio e sulle due linee tracciate sulla figura e ignorando che questa si regge in piedi [non è appesa], noi riteniamo questo graffito tanto divulgato una prova conclusiva della nostra accuratezza storica. Ma c'è da mettere in evidenza che, anche se fosse una caricatura dell'esecuzione capitale di Gesù fatta nella data menzionata, la caricatura, fatta certamente non prima di due secoli dopo l'evento, non è del tutto attendibile se consideriamo i dettagli.

Era una caricatura dell'esecuzione capitale di Gesù? Non ne aveva l'apparenza.

Tanto per cominciare, quelle che non sono nulla di più di due linee o scarabocchi e che noi chiamiamo croce, non sono da ritenere necessariamente componenti del graffito originale; ma, anche se lo fossero state, di per sé non provano nulla. L'iscrizione non fa riferimento ad alcuna croce, né ad esecuzione di alcun genere. Per di più, lo zoccolo al piede, di cui parla Tertulliano, non si vede proprio, come non si vedono né la toga e né il libro da lui menzionati. E tutto l'insieme a cui Tertulliano si riferisce non era nemmeno una caricatura dell'esecuzione capitale di Gesù.

C'è da evidenziare che la testa della figura è più simile a quella di uno sciacallo che a quella di un somaro. Pare sia la raffigurazione del dio egizio Anubi, spesso trovata nei resti del passato, del tutto simile a questo graffito.

Su queste basi perciò la nostra tesi del graffito non regge e non può provare che raffiguri una croce o una crocifissione. Non esistendo perciò nessuna prova contraria di qualche importanza, risulta del tutto chiaro che non prima del III secolo d.C. troviamo testimonianze che i Padri della chiesa cristiana venerassero il segno o la figura della croce riconosciuto come simbolo, che non furono trovate rappresentazioni materiali di quel segno o figura come riconosciuti simboli cristiani se non in data perfino più tarda.

E tale conclusione deriva dal sensazionale fatto che, quando Clemente Alessandrino, all'inizio del III secolo, elencò i simboli concessi ai cristiani, menzionò i simboli del Pesce e della Colomba, ma non disse nulla riguardo alla Croce.

Per quanto riguarda il segno o la figura della croce menzionati dai Padri del II e III secolo, come ammette perfino un'autorità così insigne come Dean di Canterbury, e come vedremo nel prossimo capitolo, quei simboli non servivano principalmente a rammentare la morte di Gesù per essere venerati dai cristiani del II e III secolo. Se perciò, nel complesso, e, di conseguenza, in origine non esisteva come raffigurazione dello strumento d'esecuzione capitale su cui morì Gesù, più probabilmente quello che i cristiani veneravano come segno o figura della croce, che cos'altro era se non un antico e diffusissimo simbolo della Vita e del dio Sole, della cui esistenza siamo al corrente?

In ogni modo, Minucio Felice pare fosse stato il solo a denunciare il simbolo della croce come non cristiano. E quand'anche avesse espresso venerazione per la figura della croce, e dovesse aver approvato il segno della croce come simbolo d'iniziazione del battesimo, quella denuncia si applicava evidentemente soltanto alle raffigurazioni materiali della croce.

Per di più, la denuncia in questione era chiaramente motivata dal timore che l'uso di tali oggetti da parte dei cristiani potesse degenerare, come infatti avvenne in seguito, in nulla di meglio che nell'idolatria. E se il segno o la figura della croce non servì soprattutto a rammentare ai primi cristiani la morte di Gesù, dovette servire soprattutto a rammentare loro qualche cosa d'altro".

 

LA CROCE NON CRISTIANA, PADRI, CAPITOLO III (torna all'indice)

L’EVIDENZA DI ALTRI PADRI DELLA CHIESA

 

"Le opere che ci sono pervenute dai Padri della chiesa vissuti prima del tempo di Costantino sono racchiuse in oltre diecimila pagine stampate fitte; e la prima cosa che colpisce quelli che esaminano quella mole di letteratura con lo scopo di scoprire che cosa avessero pensato e scritto i cristiani dei primi tre secoli sull’esecuzione capitale di Gesù e sul simbolo della croce, è che essi hanno menzionato poco l’esecuzione capitale di Gesù, come pure questo tipo di strumento d’esecuzione capitale.

Un’altra cosa degna di attenzione è se i Padri scrivessero in greco e se usassero la parola stauros, o se scrivessero in latino e traducessero questa parola con crux, ma pare comunque che si riferissero ad un albero, che per di più era strettamente connesso all’albero proibito del giardino d’Eden, una figura allegorica di significato indubbiamente fallico che aveva la sua mitica controparte nell’albero delle Esperidi, nel quale il Dio-Sole Ercole, dopo avere ucciso il Serpente, colse le mele dorate dell’amore, delle quali una divenne il simbolo di Venere, la dea dell’amore. Non era questa la sola controparte, poiché pare che nell’antichità quasi ogni gruppo etnico credesse nel mito di un allegorico albero della conoscenza o della vita il cui frutto era l’amore. Gli antichi credevano che l’amore generasse la vita, e se non fosse stato per l’indulgenza mostrata alla passione sessuale, il genere umano si sarebbe estinto.

Iniziando ad esaminare i primi scritti cristiani in questione, leggiamo nel Vangelo di Niccodemo che, quando il sommo sacerdote interrogò certi uomini che Gesù aveva destato dai morti, questi fecero sui loro volti il segno dello stauros". Si presume che fosse il segno della croce; occorre dire che, se gli uomini risuscitati da Gesù avessero avuto familiarità col segno della croce, ne conseguirebbe che questo segno sarebbe dovuto esistere in epoca precristiana. Inoltre, lo stesso vangelo narra che a Satana sarebbero state dette le seguenti parole: "Tutti quelli che tu hai portato con te mediante l’Albero della Conoscenza, li hai persi a causa dell’Albero dello Stauros". In un altro passo leggiamo che "Il Re della Gloria stese la sua mano destra, si impadronì del nostro progenitore Adamo e lo risuscitò: quindi, rivolgendosi ai rimanenti, disse: "Venite con me e vedete: poiché molti sono morti a causa dell’Albero che egli ha toccato, io vi risuscito tutti mediante l’Albero dello Stauros". Alcuni vedono in questa peculiare affermazione un riferimento alla dottrina della reincarnazione.

Negli Atti e martirio del santo apostolo Andrea apprendiamo dal suo giustiziere: "Lo sollevai sullo stauros, ‘ma’ non troncai i suoi legami, avendo ricevuto l’ordine dal proconsole di lasciarlo soffrire appeso finché fosse divorato dai cani nella notte". Non c’è altro da dire se non che lo stauros usato non era altro che un semplice stauros.

Nell’Epistola di Barnaba troviamo vari riferimenti allo stauros mescolati a vari passi delle Scritture Ebraiche e citati, a sproposito, come riferimenti al rito iniziatico del battesimo, un rito, da notare, per ammissione generale di natura pagana piuttosto che di origine israelita e non privo di legami con l’adorazione del Dio-Sole praticata dai Persiani e da altri gruppi etnici non israeliti.

I riferimenti in questione cominciano con la domanda: "Chiediamoci ancora se il Signore si preoccupò di prefigurare l’Acqua e lo Stauros".

Dopodiché vogliamo esaminare la citazione del Salmo i. 3-6, che paragona l’uomo buono ad un albero piantato sulla riva di un fiume e che porta il suo proprio frutto nella sua stagione. "Prendiamo nota di come l’autore ha descritto subito sia l’Acqua che lo Stauros. Poiché queste parole significano che coloro che si immergono nell’Acqua riponendo fede nello Stauros" sono benedetti.

Questo ulteriore collegamento al rito iniziatico non mosaico del battesimo è seguito da una citazione di Ezechiele xlvii. 12, che parla di un fiume sulle cui rive crescono alberi i cui frutti fanno vivere per sempre coloro che se ne nutrono. A ciò si aggiunge la dichiarazione che quando Mosè stese le sue mani in una direzione non specificata per consentire alle sue forze militari di prevalere sui nemici, egli stese le mani assumendo la figura di uno stauros, come una prefigurazione profetica che Gesù "sarebbe stato l’Agente della vita".

Viene fatto un altro riferimento alla prefigurazione che il serpente di rame posto sul palo era di Gesù Cristo.

Nell’epistola d’Ignazio agli Efesini leggiamo che lo stauros del Cristo è in realtà una pietra d’inciampo per quelli che non credono.

La prova di Ireneo, che ebbe una conoscenza quasi diretta dell’attempato Policarpo come questi l’ebbe degli apostoli, verrà trattata in modo speciale nel prossimo capitolo in virtù della sua importanza testimoniale.

Giustino Martire, sostenendo che la figura della croce sia presente in tutta la natura, chiede a ognuno di considerare come nessuna cosa al mondo, che non abbia questa forma, possa essere amministrata o possedere una certezza. Poiché il mare non può essere attraversato a meno che il trofeo cruciforme della vela non stia fisso su una nave e la terra non può essere arata senza uno strumento di forma simile; né escavatrici né meccanismi possono funzionare senza strumenti di questa forma. E la forma umana differisce da quella degli animali irrazionali in nient’altro che mantenersi in una sua posizione eretta, stendere le mani e respirare dal naso che si sporge dal viso sotto la fronte e dal quale passa l’alito che dà la vita alla creatura; e in questo non si ravvisa altra forma se non quella della croce. E così si esprime il profeta: "L’alito dinanzi al nostro viso è il Signore Cristo". E il potere di questa forma è mostrato dai vostri stessi simboli su quelli che chiamate stendardi e trofei, coi quali fate le vostre processioni, usandoli come insegne del vostro potere e del vostro dominio".

In altro luogo Giustino Martire dichiara che Cristo "fu simboleggiato sia dall’Albero della Vita nel Paradiso che da quegli eventi che dovrebbero capitare a tutti i giusti. Mosè fu mandato con un bastone per compiere la redenzione del [suo] popolo; con quel bastone, alla testa del popolo, egli divise il mare. Mediante quel bastone egli vide l’acqua sgorgare dalla roccia; gettando un albero nelle acque amare di Mara, le rese dolci.

Mettendo dei bastoni negli abbeveratoi dell’acqua, Giacobbe fece in modo che le pecore di suo suocero concepissero…Il bastone di Aronne, quando fiorì, lo confermò Sommo Sacerdote. Isaia profetizzò che un ramoscello sarebbe spuntato dalla radice di Iesse, cioè il Cristo".

Più avanti, nella stessa opera, dove Giustino Martire fa riferimento alla dichiarazione contenuta nella Legge mosaica "Maledetto sia chiunque è appeso ad un palo", afferma che "Non era senza significato il fatto che Mosè restò con le sua braccia alzate mentre Aaronne e Hur gli sostenevano le mani, uno da una parte e l’altro dall’altra, così che le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole". Anche il Signore restò appeso sull’albero quasi fino al tramonto".

Tertulliano dice riguardo al Cristo: "Egli combatté l’ultimo nemico, la Morte, e mediante il trofeo della croce trionfò" e in altro passo dice che la Scrittura "Maledetto è chiunque sia appeso a un albero" è una predizione della sua morte".

Esiste anche un saggio di Tertulliano che inizia col discutere l’efficacia del "segno" come antidoto. Sembra esserci un riferimento al segno della croce, come viene fatto sulla fronte nel rito iniziatico non mosaico del battesimo, ma non vi viene fatta mai la rappresentazione di uno strumento di esecuzione capitale o di un simbolo cruciforme di legno o altro materiale.

In un’altra opera di Tertulliano troviamo l’espressione "In ogni azione della vita quotidiana facciamo il segno sulla fronte".

Il suo famoso riferimento al Dio-Sole Mitra si esprime così. "Il diavolo nei riti mistici dei suoi idoli compete perfino con le parti essenziali dei sacramenti divini. Egli, come Dio, battezza quelli che sono i suoi propri credenti e fedeli e promette la remissione dei peccati mediante il battesimo; se mi ricordo bene, Mitra segna i suoi soldati sulle loro fronti, celebra l’offerta del pane, introduce una rappresentazione della risurrezione e mette la corona al di sopra della spada".

Altrove Tertulliano scrive: "Se qualcuno di voi pensa che noi rendiamo superstiziosa adorazione alla croce, in quella adorazione questi partecipa con noi… Voi venerate vittorie, poiché la croce è al centro dei vostri trofei. Tutta la religione militare dei Romani è una venerazione delle insegne…Io lodo il vostro zelo perché non adorate croci spoglie e disadorne".

In un’altra opera di Tertulliano leggiamo "Per quanto riguarda colui che afferma che noi siamo il sacerdozio di una croce, lo considereremo come un correligionario… Ogni legno infisso per terra verticalmente è parte di una croce, e in effetti ne costituisce la parte preminente. Ma a noi è attribuita una croce intera… Tuttavia la verità è che la nostra religione è tutta una croce…Suppongo che vi vergognerete di venerare croci semplici e disadorne". Nelle istruzioni di Commodiano leggiamo: "La prima legge era nell’albero e altrettanto la seconda".

Cipriano contesta: "Mediante il segno della croce anche Amalec fu sconfitto da Mosè", e altrove dichiara che "Questo segno della croce significa salvezza per tutti coloro che sono segnati sulle loro fronti, secondo la Scrittura di Apocalisse, in cui essi sono raffigurati col suo nome [dell’Agnello Gesù Cristo] e il nome del Padre suo scritti sulle loro fronti" e "Coloro che osservano i suoi comandamenti saranno benedetti ed avranno potere sull’Albero della Vita".

Metodio ci dice che "Egli ha sconfitto, come è stato detto, i poteri che ci hanno assoggettati con la figura della croce, simboleggiando l’uomo che è stato oppresso come da un potere dispotico, per ottenere una libertà completa. Poiché la croce, se volete definirla così, è la conferma della vittoria".

Passando ad Origene, troviamo in una sua opera il notevole passo: "E’ possibile evitarlo se facciamo ciò che ha detto l’Apostolo ‘Mortificate le vostre membra che sono sulla terra’ e se noi portiamo sempre nei nostri corpi la morte di Cristo. Poiché è certo che dove si porta con sé la morte di Cristo, il peccato non può dominare. Poiché il potere dello stauros di Cristo è così grande che, se la sua morte fosse tenuta costantemente davanti agli occhi della propria mente, nessuna concupiscenza, nessuna sensualità, né passione naturale, né desiderio invidioso avrebbero alcun sopravvento".

Se questo riferimento allo stauros di Cristo sia o non sia inerente alla figura della croce, è tuttavia discutibile.

Questa è l’evidenza inerente alla croce, se considerata un segno materiale o immateriale, sulla base degli scritti dei cristiani vissuti fra il tempo degli apostoli e il tempo di Costantino, e ovviamente diversa dalle evidenze presentate dall’ Ottavio di Minucio Felice, che sarà trattato nell’ultimo capitolo, e dagli scritti di Ireneo, che saranno trattati nel prossimo capitolo.

Fra le rimarchevoli caratteristiche dell’evidenza in questione spicca in modo notevole la piccolezza del suo volume.

Tuttavia, questo è soltanto un fattore negativo; e ciò che si dovrebbe tenere bene a mente è che l’evidenza nel suo insieme porta alla conclusione che i cristiani del II e III secolo facevano uso del segno e veneravano la figura della croce, senza che ricordasse loro, come ammette Dan Farrar, "solamente o anche principalmente" la morte di Gesù e perciò la croce era ben altro che una rappresentazione dello strumento di esecuzione capitale sul quale Gesù morì".

 

LA CROCE NON CRISTIANA, PADRI DELLA CHIESA (torna all'indice)

CAPITOLO IV: CURIOSE AFFERMAZIONI DI IRENEO

 

"La speciale importanza dell’evidenza di Ireneo è dovuta al fatto che, fra tutti i Padri della chiesa dei quali ci sono pervenute delle opere incontestate, egli è il solo che si è creduto potesse avere avuto qualche tipo di contatto con gli apostoli. Come conoscente dell’anziano Policarpo, che asserì di essere stato, in giovane età, un allievo dell’anziano evangelista e apostolo San Giovanni e di avere conosciuto ancora altri apostoli, Ireneo ebbe le opportunità di accertare fatti concernenti la vita e la morte di Gesù che non sono stati acquisiti dagli altri Padri sulle cui opere facciamo affidamento. Quindi, che cos’ha da dire questo importante testimone in merito agli argomenti in questione? In quanto a fatti, pochissimo. Ci sono tuttavia due passi delle opere d’Ireneo che non sarebbe giusto ignorare del tutto. Nel primo di questi passi Ireneo dichiara che alcuni cristiani credevano che Simone da Cirene fu giustiziato al posto di Gesù, grazie al potere di Gesù di trasformare se stesso ed altri, essendosi esercitato al conseguimento di questo scopo. A questo potere si fa più volte riferimento nei nostri Vangeli, per esempio nel racconto inerente alla cosiddetta "Trasfigurazione" sul monte; la parola greca tradotta nelle nostre Bibbie "trasfigurato" corrisponde alla parola "trasformato" tradotta dal greco antico. Anche se non tenessimo conto del fatto che certi primi cristiani credettero che Gesù non fu mai giustiziato, ci si dovrebbe perlomeno chiedere se si possa dire, che Gesù poté morire come uomo sul Calvario se, stando ai Vangeli, subì una metamorfosi sul monte. Poiché, se Gesù subì una metamorfosi sul monte della Trasfigurazione, o in altro tempo anteriore all’esecuzione capitale sul Calvario, l’aspetto derivato dal processo di ritrasformazione, necessario a consentire la sua identificazione, non può essere ritenuto quello generato dalla vergine Maria, e può essere stato umano soltanto in apparenza.

Un’altra dichiarazione né più né meno enfatica di Ireneo che merita la nostra attenzione è che Gesù non fu giustiziato all’età di poco più di trent’anni, ma continuò a vivere fino alla vecchiaia. Comunque volete spiegarlo, il fatto resta; certamente non dovrebbe essere ignorato.

A prima vista, questa affermazione di Ireneo farebbe intendere che, quando il procuratore romano Ponzio Pilato manifestò la sua riluttanza all’esecuzione capitale, sebbene poi acconsentì per acquietare i Giudei a fare appendere Gesù a uno stauros, si preoccupò di manovrare le cose in modo da far deporre Gesù addormentato da narcotici, inscenare una finta sepoltura nel più breve tempo possibile, per poi rianimarlo e farlo trasferire in altra località dove potesse stare al sicuro.

Ciò che Ireneo dice riguardo a Gesù è che "Egli visse ogni età, diventando bambino per bambini…Similmente divenne anziano per anziani, per diventare un perfetto Maestro per tutti, non solo per quanto riguarda l’insegnamento della verità, ma anche sotto l’aspetto dell’età, santificando nello stesso tempo anche le persone anziane e diventando nello stesso modo un esempio per loro. Poi, alla fine, giunse alla fine della sua esistenza…Dal quarantesimo e cinquantesimo anno un uomo comincia a declinare verso la vecchiaia, come accadde al nostro Signore mentre adempiva il compito di Insegnante; perfino stando alle testimonianze del Vangelo e di tutti gli anziani [presbiteri], quelli che parlarono in Asia con Giovanni, discepolo del Signore, hanno asserito di avere ricevuto queste informazioni dallo stesso Giovanni, il quale visse fra loro fino al tempo di Traiano. Per di più, alcuni di loro videro non solo Giovanni, ma anche gli altri apostoli e udirono da loro lo stesso racconto, e ne rendono testimonianza. Allora, a chi dovremmo credere? A questi uomini o a Tolomeo, che non vide mai nessun apostolo nemmeno in sogno?"

Il lettore deve stabilire per conto suo se Ireneo credeva che Gesù non fosse mai stato giustiziato; o se fu giustiziato, ma sopravvisse; o se nacque da donna come lo supponiamo, ma giustiziato trent’anni o più tardi ancora di quanto supponiamo; o se, nonostante fosse stato giustiziato secondo le nostre supposizioni, sopravvisse fino alla vecchiaia, o se fosse nato, non all’inizio o a metà o alla fine dell’anno 1 D.C. o del 4 A.C., o non importa quale fosse la data ortodossa, comunque trent’anni o più prima di quella che noi chiamiamo la nostra era. Ad ogni modo, egli non menziona né croce né esecuzione, e pare presumere che Gesù morisse di morte naturale. E in ogni caso resta il fatto che, per quanto possa avere sbagliato, Ireneo affermò in modo enfatico che Gesù morì di vecchiaia. Anche ammettendo che Ireneo si trovi in errore, la sua evidenza tuttavia concerne uno dei punti più importanti di quest’opera. Poiché è chiaro che, anche se egli fosse così poco edotto sull’esecuzione capitale di Gesù, i dettagli di quell’esecuzione possono non essere stati ben conosciuti; e l’affermazione che lo stauros sul quale Gesù fu appeso avesse un elemento traversale può non avere avuto alcun fondamento, ma può derivare dal desiderio di collegare Gesù al notissimo ed ampiamente venerato simbolo della vita, la croce precristiana".

 

PADRI DELLA CHIESA: LA CROCE NON CRISTIANA (torna all'indice)

CAPITOLO V

 ORIGINE DELLA CROCE PRECRISTIANA

 

Dopo aver dimostrato nei capitoli precedenti che è possibile, se non realmente probabile, che lo strumento d’esecuzione capitale sul quale fu appeso Gesù era tutt’altro che cruciforme, e dopo avere mostrato che non principalmente, ma forse solo parzialmente, i primi cristiani concepivano quello strumento con la forma della croce, ora è desiderabile, come preludio all’indagine sulle circostanze in cui la croce è divenuta il simbolo della cristianità, che indaghiamo sull’origine della croce precristiana.

E’ universalmente riconosciuto che la croce esisteva in epoca precristiana e che era, come la nostra, un simbolo di vita.

Tuttavia, le autorità di questo argomento, purtroppo, si trovano in disaccordo sulla ragione per cui la croce fu scelta dagli antichi come simbolo di vita. E nessuna delle loro versioni sembra arrivare alle radici della questione.

Andiamo con la nostra mente indietro di diecine di migliaia di anni e immaginiamo un genere umano che acquista gradualmente il dono della ragione, ma ancora libero da tradizioni e credenze ereditate. Immaginiamoci l’uomo prima che cominciasse a farsi idoli a sua immagine. Ricordiamo che ciò che lo colpì come la più grande delle meraviglie sarebbe stata necessariamente la vita stessa e che la più grande meraviglia sarebbe stata di gran lunga il glorioso sole, l’ovvia fonte della vita terrestre e Signore degli eserciti celesti.

Rammentiamo pure che, sebbene l’adorazione della natura da parte dei nostri remoti antenati avesse altre caratteristiche sensazionali, i fatti menzionati evidenzierebbero il prevalere di un’idea fallica e una sua associazione con l’adorazione del dio Sole. E poiché alla vita, la più grande di tutte le meraviglie, dovette essere assegnato un simbolo in antichissima epoca, chiediamoci quale dovesse essere il più probabile simbolo che l’incolta mente umana avrebbe potuto attribuirle.

Per quanto l’autore possa realizzare, a questo quesito non esiste nessun’altra risposta ragionevole all’infuori di questa: la figura della croce, poiché è il simbolo che può rappresentare nel modo più semplice l’unione di due corpi o di due sessi o di due poteri o di due principi come fonte di vita.

Poiché gli antichi non hanno ignorato che tutta la vita proviene nel modo più immediato dall’unione di due principi, il primo, più immediato, più semplice e più naturale simbolo della vita era di conseguenza una linea diritta sovrapposta ad un’altra in modo da formare una croce.

E’ evidentemente probabile che questa fosse la vera ragione per cui la figura della croce fu in origine adottata come simbolo della vita. Ma naturalmente, qualunque fosse la ragione originale, sarebbe venuto il tempo di mettere in evidenza le altre ragioni della venerazione della croce; niente era più naturale, o più certo, del fatto che quell’uomo primitivo dovesse provare piacere nel simboleggiare, più che altri oggetti della sua devozione, la vita medesima, con un oggetto che, come simbolo della vita, era prevalentemente simbolo di buon auspicio.

L’esempio più notevole è costituito dal modo, o piuttosto dai differenti modi, in cui la figura della croce fu messa in relazione col dio Sole. Un buon esempio dell’ultimo fatto menzionato è la dichiarazione dei filosofi dell’antica Grecia che la figura della croce era la figura del Secondo Dio o Anima Universale, la Ragione e il Linguaggio del Padre Universale, che chiamarono Logos [Parola] di Dio, come se significasse soltanto il Linguaggio.

Questo era il Logos o "Secondo Dio" che Filone, che era nato prima dell’inizio della nostra era, descrisse come il "Sole Intellettuale" e perfino come il "Primogenito" di Dio, "Diletta" progenie e "Luce del mondo", termini che in tempi successivi furono usati dagli scrittori dei nostri Vangeli in riferimento a Cristo.

Come sarà esposto in un altro capitolo, la ragione per cui i filosofi, fra cui Platone, desideravano ardentemente identificare la croce con il Logos era che il Sole crea questa figura passando sull’equatore.

Un’illustrazione perfino migliore può essere contenuta nel fatto che nelle epoche di quasi ogni razza civilizzata venivano celebrate feste in coincidenza con l’equinozio di primavera, in ossequio alla Pasqua ebraica o al Passaggio del Sole.

Pertanto, il fatto che gli antichi si prendessero speciale premura per identificare il simbolo della vita col dio Sole, e che, per quanto ne sappiamo, lo descrivessero anche come "Datore di vita" e l’unico "Salvatore", era dovuto senza dubbio alla loro consapevolezza non solo che la vita sia il risultato dell’unione di due principi distinti come maschile e femminile, ma anche che la salvezza della vita è dovuta al fatto che il sole protegga il corpo dal freddo e faccia generare e maturare frutti dalla terra per sostenere la vita.

Come il Datore di vita, il dio Sole era ovviamente considerato bisessuato, ma quando le due grandi luci del cielo, il Sole e la Luna, erano associate l’uno all’altra, come avveniva spesso secondo natura, il Sole era considerato più specialmente una personificazione del principio maschile, mentre la Luna crescente una personificazione del principio femminile. Quindi, l’adorazione della divinità associata al Sole splendente, come della divinità associata alla Luna crescente, chiamata madre o sposa del dio Sole, aveva un carattere fallico; la loro connessione è ripetutamente simboleggiata da vestigia dell’antichità riproducenti la Luna crescente e all’interno dei suoi corni un disco o ciò che dovremmo considerare un astro, divenuto poi, nella consuetudine tramandata dagli antichi fino ai giorni nostri, il sole associato ad una stella o a un pianeta, come sarà trattato più avanti.

Tornando, comunque, al simbolo della croce, come la più antica e semplice rappresentazione dell’unione dei principi maschile e femminile, che genera unicamente ciò che noi mortali chiamiamo vita, è estremamente curioso che la scelta della figura della croce fatta in tempi relativamente moderni come il simbolo più semplice e più naturale sia dell’addizione che della moltiplicazione, non abbia indotto nessuno a percepire che, essendo per queste sole ragioni anche il più semplice e più naturale simbolo di vita, una probabile soluzione del mistero che avvolge l’origine della croce precristiana come simbolo di vita si trovi proprio sotto gli occhi di tutti.

Per quanto riguarda la controversia di poche autorità, apparentemente fondata sull’errata ipotesi che la svastica fosse la più primitiva forma di croce che meritasse importanza come simbolo, che la croce precristiana fosse in origine una rappresentazione del movimento rotatorio del sole o un riferimento alla ruota del carro del dio Sole, c’è da rimarcare solamente l’evidenza che la croce era un simbolo di vita così lontano nel tempo da rendere discutibile che il dio Sole fosse potuto essere paragonato ad un auriga ed improbabile che i carri e le ruote fossero stati inventati. E’ vero che la ruota solare divenne un simbolo riconosciuto del dio Sole e che questo divenne oggetto di maggiore venerazione dato che la figura del simbolo della vita era meno riconoscibile dalla forma dei raggi attribuiti alla ruota solare; ma sarebbe come mettere il carro davanti ai buoi il volere ipotizzare che la croce divenisse il simbolo della vita a motivo della riconoscibilità della sua forma.

C’è da aggiungere soltanto che esiste un’indubbia, sebbene esile, connessione tra la croce precristiana come il simbolo della vita, la ruota solare come un simbolo del dio Sole e la croce come il simbolo di Cristo. Qualunque fosse la data in cui la croce fosse adottata per la prima volta come simbolo cristiano, o qualunque fosse la ragione di questa simbolizzazione, non c’è alcun dubbio che, come sarà evidenziato più avanti, la nostra religione è stata influenzata considerevolmente dagli eventi storici inerenti al tempo in cui le vittorie militari conseguite con i soldati gallici, adoratori della ruota solare, consentirono al loro condottiero Costantino di diventare l’unico imperatore, e come tale, essendo ansioso di ottenere anche il sostegno dei cristiani, fece aggiungere un anello a un raggio verticale affinché i cristiani interpretassero il simbolo di vittoria come XP o XPI, le prime due o tre lettere della parola greca XPISTOS, Christos, Cristo.

 

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CAPITOLO VI: ORIGINE DELLA CROCE CRISTIANA.

 

Com’è stato già evidenziato in una certa misura, risulta evidente che il nostro amato cristianesimo deve più o meno la sua esistenza al fatto che Costantino il Grande, quand’era soltanto governatore della Gallia, adoratore del dio Sole al comando di un’armata costituita da adoratori della stessa divinità, intuendo l’opportunità di ricevere un grande aiuto dalle piccole, ma entusiaste comunità cristiane sparse in ogni dove, si adoperò per ottenere il loro appoggio al suo progetto di conquistare il potere assoluto. Il successo della sua mossa politica e l’intuizione di Costantino che solo una religione universale, i cui membri si adoperavano per convertire il mondo intero e di fare della loro fede un credo cattolico, potesse realmente amalgamare insieme le differenti masse del genere umano, hanno fatto sì che Costantino, divenuto sovrano assoluto, facesse del cristianesimo la religione di stato dello sterminato impero romano.

Questo episodio e la lunga portata dei suoi effetti, tuttavia, non sono tutto quello che dobbiamo attribuire a Costantino. Si dovrebbe rammentare che perfino il nostro credo è stato, in una certa misura, decretato da lui.

Poiché questo adoratore del dio Sole, sebbene avesse raccomandato a tutte le genti di abbracciare quella che sarebbe dovuta diventare una religione cattolica e universale, che lui stesso si rifiutò di accettare finché non si decise a convertirsi in punto di morte, durante il suo regno convocò i nostri vescovi al concilio di Nicea, di cui si costituì presidente per imporre loro di dirimere la controversia sorta fra le schiere dei cristiani sul riconoscere o disconoscere che Cristo fosse Dio, costringendoli a sottoscrivere una dichiarazione della sua divinità. Va rammentato inoltre che egli costrinse i dissenzienti a sottoscrivere con la minaccia della destituzione dalla carica ecclesiastica e del bando.

Da questi ed altri episodi della sua carriera dovrebbe emergere che Costantino, vuoi per fini politici, vuoi per convinzione, si comportò come se credesse che il dio Sole e il Cristo fossero una sola e medesima divinità.

La probabilità che le cose stessero così è più o meno manifesta in quello che sappiamo sul ruolo che egli esercitò in relazione a quello che, grazie a lui, divenne il nostro simbolo riconosciuto, che verremo a considerare fra poco.

La nostra conoscenza del ruolo svolto da Costantino in relazione al simbolo della croce, escluso quello che abbiamo raccolto da uno studio di antiche monete e da altre vestigia, sfortunatamente ci è pervenuta soltanto attraverso fonti cristiane. La prima cosa che ci è narrata di Costantino e della croce dal famoso vescovo e storico ecclesiastico Eusebio di Cesarea, al quale noi dobbiamo una vasta parte della nostra reale o presunta conoscenza dei primi giorni della cristianità, è che nell’anno 312 D.C., un quarto di secolo prima di unirsi alla chiesa cristiana, Costantino e i suoi soldati gallici videro apparire a mezzogiorno al di sopra del sole una croce luminosa con l’iscrizione EN TOYTO NIKA Con questo segno vincerai.

Le parole del vescovo, che riferisce ciò che ha udito personalmente da Costantino, sono:

"Egli disse che a mezzogiorno, egli e il suo esercito videro con i loro stessi occhi il trofeo di una croce luminosa nei cieli, al di sopra del sole, recando l’iscrizione EN TOYTO NIKA, che li lasciò stupefatti".

Sebbene questa meravigliosa croce, considerata dagli scrittori cristiani di quel secolo il cosiddetto Monogramma di Cristo … apparisse ad un esercito di adoratori del dio Sole, ed essendo rimasto lo stesso Costantino adoratore della stessa divinità, come attestano le sue monete, per molti anni fino alla sua morte, essa ci è stata presentata come una croce cristiana. E’ anche degno di nota che nessuna rappresentazione materiale della croce fu mai innalzata da aderenti della chiesa cristiana prima del tempo in cui Costantino disse che questa croce più o meno solare avesse rappresentato il vessillo della sua armata gallica.

Sarebbe degno di nota il fatto che sulle monete fatte coniare da Costantino il simbolo che forse ricorre più frequentemente è il famoso Labarum o vessillo militare di Costantino, che compare comunque anche senza il circolo.

Si è detto che i Galli guidati da Costantino veneravano in modo speciale la ruota solare, che aveva talvolta quattro o sei bracci, e che compariva solitamente anche sui loro elmi. Pertanto, non è improbabile che perfino prima del giorno in cui apparve la presunta visione nella marcia su Roma, tale simbolo costituiva già il vessillo dell’armata di Costantino.

Ad ogni modo, che il rispettabile vescovo Eusebio fosse, come altri entusiasti, soggetto ad essere travolto dal suo entusiasmo oltre i limiti della veracità, o che altrimenti fosse vittima della mendacità imperiale, è un dato evidente. Poiché Eusebio ci narra nella Vita di Costantino, che scrisse dopo la morte del suo mecenate, che nella notte successiva all’apparizione miracolosa di questa "croce" e del suo motto visti al di sopra del sole, Gesù Cristo apparve a Costantino per mostrargli lo stesso segno già apparso in cielo e per comandargli di usare quel simbolo, col quale la sua armata, costituita - non dimentichiamo - da adoratori del dio Sole, avrebbe dovuto marciare per vincere e conquistare!

La sola cosa che ha una reale probabilità d’essere accaduta è che Costantino, per incoraggiare le sue truppe, disse loro di adunarsi intorno ad un vessillo raffigurante la sacra ruota solare venerata dai Galli. Poiché da quel momento in poi essi divennero conquistatori di Roma, il simbolo che stiamo discutendo divenne un simbolo romano e di conseguenza, in tempi posteriori, dopo l’affermazione della nostra fede come religione di stato dell’impero romano, anche un simbolo cristiano. Dopo un tempo imprecisato, pare che al raggio verticale del simbolo gallico fosse aggiunto un anello, affinché i cristiani lo accettassero come un monogramma di Cristo, com’è stato accennato e come sarà dimostrato più avanti.

E’ degno di nota che abbiamo due racconti alquanto discordanti della presunta visione di Cristo avuta da Costantino.

Il vescovo di Cesarea narra che la notte successiva all’evento in cui l’imperatore, allora governatore della Gallia, e i suoi soldati videro la "croce" e il motto sopra il meridiano del sole, Cristo apparve a Costantino "con lo stesso segno che egli aveva visto in cielo e gli comandò di farne un vessillo di protezione nelle imprese militari contro i suoi nemici".

Ma l’opera De Mortibus Persecutorem [Così morirono i persecutori], scritta sotto il regno di Costantino e attribuita a Lattanzio, si riferisce alla presunta visione nei seguenti termini:

"Costantino ricevette in sogno il comando di apporre il celeste segno di Dio sugli scudi prima di andare in battaglia. Egli ubbidì al comando e fece scrivere sull’intera faccia di ciascuno scudo la lettera X con l’apice circonflesso come iniziale del nome di Cristo e quindi armò le sue truppe".

Le differenze fra questi due racconti sono più grandi di quanto sembrerebbe a prima vista.

Tornando al racconto del vescovo di Cesarea, leggiamo che il mattino successivo all’apparizione di Cristo a Costantino, l’imperatore raccontò questo straordinario avvenimento ai suoi amici e mandò a cercare artefici esperti nella lavorazione di oro e pietre preziose, che si presume accompagnassero l’armata gallica, e comandò loro di rivestire d’oro una lunga lancia, "sulla cui sommità fece mettere una corona d’oro e pietre preziose e all’interno di essa il simbolo del nome del Salvatore, costituito da due lettere iniziali, vale a dire la P intersecata da una X".

Naturalmente sono svariate le domande che sorgono in questa fase della nostra indagine, e non è facile, anzi è impossibile per noi cristiani liquidarle tutte, conservando nello stesso tempo le opinioni a cui teniamo tanto su questo argomento. Ma c’è una sola domanda necessaria ed è questa: E’ verosimile che, a mezzogiorno o a mezzanotte, il Sovrano infinito dell’universo si prendesse il disturbo di indurre un adoratore del dio Sole, che si sarebbe unito alla chiesa cristiana soltanto un quarto di secolo dopo e non prima che uccidesse persone innocenti come il piccolo Cesare Licinio, per adottare un simbolo che avrebbe consentito a Costantino di condurre i Galli alla vittoria?

Seguendo il racconto di Eusebio, notiamo che egli, alludendo al simbolo che descrive come un monogramma, ma che chiama croce, afferma che Costantino si mise "con questo trofeo vittorioso e benefico alla testa dei suoi soldati e continuò a marciare contro Massenzio; quindi, con le sue truppe "divinamente aiutate" sconfisse l’imperatore fuori dalla città imperiale, entrò trionfalmente in Roma e ringraziò Dio per averlo aiutato ad annientare il rivale e a vestirsi di porpora al suo posto. Quindi Eusebio ci riferisce che Costantino, il quale si sbarazzò di tutti i suoi rivali e divenne sovrano assoluto soltanto circa dodici anni dopo, uscito vincitore dallo scontro con Massenzio e divenuto dominatore di Roma, anche se non ancora di tutto l’impero, immediatamente "con rumorosi proclami e iscrizioni monumentali fece conoscere a ogni gente questo simbolo benefico, innalzandolo come grande trofeo di vittoria al di sopra dei suoi nemici con caratteri indelebili affinché divenisse salvaguardia del governo romano e dell’intero popolo. Di conseguenza, egli comandò che una lunga asta cruciforme fosse messa sotto la mano di una statua con le sue sembianze nel quartiere più frequentato di Roma, con la seguente iscrizione in lingua latina: "In virtù di questo benefico segno, che è vera prova di valore, io ho difeso e liberato la vostra città dal giogo della tirannia, e ho anche ridato al senato e al popolo romano la libertà e il loro antico onore e splendore"".

Ebbene, come abbiamo già visto, ciò che Eusebio descrisse come l’apparizione di una "croce" al di sopra del sole di mezzogiorno (accompagnata da una miracolosa iscrizione, possibilmente in sintonia col monogramma, in una lingua che poteva apparire "greca" ai soldati gallici) era il cosiddetto Monogramma di Cristo o …anche ciò che, secondo Eusebio, Cristo profferì successivamente al generale gallico Costantino riguardo al modello di vessillo militare che avrebbe dovuto adottare. Quindi, quello era il "benefico simbolo" e "trofeo vittorioso" menzionato sopra dalla stessa autorità.

E’ perciò chiaro che questa "lunga asta cruciforme" che Eusebio dice fosse posta sotto la mano della statua di Costantino nella prestigiosa zona centrale di Roma, era descritta come una "croce" a motivo della sua forma simile o in qualche altro modo connessa al cosiddetto Monogramma di Cristo. Tale conclusione scaturisce dal fatto che le aste cruciformi, sebbene menzionate come qualcosa fuori dal comune, erano state usate per secoli presso Galli e Romani.

Va pure messo in risalto che Costantino fece diventare la croce (o le sue varianti raffigurate sulle monete coniate da lui e dai suoi successori) il simbolo dell’impero romano, essendosi ispirato non al Monogramma di Cristo, né alla rappresentazione dello stauros della sua esecuzione capitale, ma al vessillo di vittoria militare. Nel proseguo di questa narrazione, Eusebio ci riferisce che ogniqualvolta Costantino notava che le sue truppe venivano messe alle strette, dava ordini di spostare il "benefico trofeo" nella loro direzione e ne uscivano sempre vittoriose. Il vescovo di Cesarea prosegue nel dire che Costantino scelse cinquanta uomini dalla sua guardia del corpo, distintisi per devozione, valore e forza, al solo scopo di difendere questo famoso vessillo e mentre tutti quelli che disertavano venivano uccisi, tutti gli altri che restavano fedeli a quell’incarico, miracolosamente ebbero salva la vita.

Si potrebbe dedurre da tutto questo racconto che esistesse un solo labarum *) [vessillo imperiale]. Invece ne fu adottata quasi ogni varietà, come quelli coniati sulle monete di Costantino e altri cruciformi, ad eccezione, forse, di quello che sarebbe potuto essere concepito come rappresentazione di quello strumento di esecuzione capitale, che da allora è diventato popolare presso di noi.

Eusebio narra inoltre che Costantino fece esporre di fronte al suo palazzo un elevato pannello riproducente la sua immagine con il "segno benefico" sopra la sua testa e un dragone o serpente sotto i suoi piedi; che all’interno del palazzo e nell’appartamento padronale, su una grande targa fissata al soffitto, Costantino fece riprodurre "il simbolo della passione di nostro Signore, composto da una varietà di pietre preziose incastonate in oro".

Quali fossero queste particolari croci fra tutti i "benefici" segni coniati sulle monete di Costantino, non lo sappiamo; ad ogni modo, è logico ritenere inverosimile per un adoratore di Apollo, che rifiutò di unirsi alla chiesa cristiana, tranne che in punto di morte, e che sulle sue monete fece coniare il dio Sole come simbolo delle sue vittorie, lo potesse elevare a rappresentazione dello strumento di pena capitale.

Per quanto concerne il presunto ritrovamento fatto a Gerusalemme da Elena, madre di Costantino, di tre pali di tortura con barre trasversali che sarebbero stati antichi strumenti d’esecuzione capitale, dei quali uno sarebbe stato rivelato miracolosamente come la croce a cui fu appeso Gesù tre secoli prima, è evidente che si tratti di una fandonia. Andando indietro nel tempo, le tracce storiche non vanno oltre l’anno in cui San Cirillo si trovava a Gerusalemme intorno al 350 d.C.; Eusebio, che narra della visita di Elena a Gerusalemme, non menziona tale avvenimento, segno che questa è una storia inventata in epoca posteriore.

Tuttavia, la chiesa cristiana, in un momento di debolezza, si fece garante della veridicità di questa storia ridicola, mentre ciò che della vera croce era stato lasciato rimanere a Gerusalemme divenne il tesoro di quella città, fu predato dai suoi nemici, messo al sicuro e conservato nei loro più sacri reliquari per essere poi presentato in migliaia di frammenti a tutti i fedeli della cristianità. Uno di questi frammenti forma il centro della croce vaticana, e si dice che nemmeno uno degli altri suoi pochi frammenti rimasti, se esaminati, proverebbe d’essere dello stesso tipo di legno, né di due tipi di legno differenti fra loro, dovuti al presunto collegamento del palo ad una sbarra trasversale.

Lo stesso vescovo cristiano a cui si attribuisce questa fandonia, in una lettera inviata ad uno degli imperatori succeduti a Costantino, dichiarò che il 7 maggio 351 d.C. lui ed altri abitanti di Gerusalemme videro in cielo una croce che si estendeva dal monte Golgota al monte degli Olivi e che splendette come il sole per diverse ore. Di questa visione miracolosa esistono le testimonianze di San Gerolamo, di Socrate, di Idazio, della Cronaca Alessandrina e di San Cirillo, ed è commemorata dalla chiesa greca in solenni festività ricorrenti negli anniversari del giorno in questione. Ma resta pur sempre l’incertezza di quale fosse il "benefico segno" che splendette per varie ore in cielo come il sole.

Queste storie, la cui falsità è penosamente ovvia, non possono impedire a cristiani di mente aperta di credere che la nostra chiesa avesse fatto ogni sforzo per indurre la gente a credere che la croce fosse un essenziale simbolo cristiano; il che fa capire che era pericoloso pensarla diversamente.

Dall’evidenza già dimostrata che i cristiani adottassero nel IV secolo un simbolo che denunciarono nel III secolo, si deduce che la questione se Cristo morisse su uno strumento di pena capitale cruciforme o di altro tipo non fu la ragione principale per cui il simbolo fallico della vita fu riconosciuto come il simbolo di Cristo.

Si dovrebbe mettere anche in risalto la singolarità del fatto, come sarà dimostrata, che, sebbene la croce con quattro bracci uguali **) appaia su molte monete di Costantino come simbolo solare, furono il cosiddetto Monogramma di Cristo o la ruota solare gallica elaborata ad essere adottati dai Cristiani del IV secolo come simbolo cristiano.

Sebbene la croce con bracci uguali fu impressa da Costantino sulle sue monete come simbolo solare, quello che allora, come nelle epoche precedenti, era già stato un simbolo del dio Sole riconosciuto universalmente, e, come vedremo, già apparso su monete romane, non fu un simbolo gallico come l’altro, e ciò evidentemente a motivo del fatto che, essendo stato l’altro il simbolo venerato dal vittorioso condottiero e dalla sua armata gallica, i cristiani desiderarono identificarlo espressamente con Cristo.

Ad ogni modo, che il cosiddetto Monogramma di Cristo fosse più o meno imposto alla cristianità quando Costantino fece della nostra fede la religione di stato dell’impero romano, o che esso fosse adottato dai cristiani di propria spontanea volontà, fu una mossa politica — ben poche altre avrebbero potuto fare di più per garantire il trionfo della nostra fede — ad accettare come simbolo della chiesa cristiana ciò che nello stesso tempo fu il simbolo di Costantino, dell’impero romano e del dio Sole universalmente adorato.

Che il più generalmente accettato simbolo del dio Sole, la croce con bracci uguali, dovesse soppiantare con l’andare del tempo quello che era il più diffuso, era una cosa ovvia da aspettarsi quanto l’adozione di una croce con bracci differenti quale unico tipo di simbolo che potrebbe avere collegamenti con la storia di Gesù come Cristo incarnato.

È possibile che qualcuno obietti al fatto che ciò ch’è stato trattato in questo capitolo abbia preso in esame più l’origine delle rappresentazioni materiali del segno o dell’immagine della croce divenuti oggetti di venerazione nella consuetudine cristiana, che l’origine della croce cristiana in se stessa, ma la risposta è ovvia: la prima croce che può essere giustamente chiamata "cristiana", per usare i termini di Dean Farrar, è stata la prima ad essere considerata "principalmente", se non "unicamente", una rappresentazione dello strumento di pena capitale, che come croce senza dubbio non fu un segno o gesto di natura transitoria, ma bensì una rappresentazione materiale della croce composta da bracci di differente lunghezza, che fu introdotta dopo le rappresentazioni della croce composta da bracci uguali e divenuta oggetto di venerazione da parte dei cristiani come cosiddetto Monogramma di Cristo a causa dell’influenza esercitata da Costantino.

 

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*) Figura di Labarum scannerizzata dal Dizionario illustrato della lingua latina, di E. & R. Bianchi, O. Lelli,

Le Monnier – Firenze, 1984

 

 

 

 

 

 

 

**) Una croce che, come abbiamo già visto, precedette la croce latina come simbolo cristiano, ed una delle sue forme è ancora il simbolo preferito della chiesa greca; mentre perfino negli altri due grandi gruppi della cristianità le sue numerose varianti a forma di ruota e di altra forma, contendono nel loro insieme la supremazia alla croce latina.

 

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