Chiesa e casino'

Giovedì 21 Giugno 2001

Tratto da Il Messaggero

E la Chiesa scoprì il casinò

di CESARE LANZA

Posso assicurarlo come testimone, essendomi stato chiesto di svolgere il ruolo del moderatore della tavola rotonda che ha concluso il convegno: il personaggio principale era il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi. Utilizzando l’opportunità, gli ho chiesto di chiarire il suo punto di vista, come rappresentante della Chiesa, sul mondo del gioco. Gli ho ricordato che la Chiesa nei secoli (e non c’è niente di male, dal mio punto di vista laico) ha cambiato varie volte parere su questo argomento e, soprattutto, che anche oggi c’è una notevole difformità tra alcuni suoi prestigiosi esponenti. C’è chi punta il dito accusatore e c’è chi è più comprensivo e tollerante.

Anche il mondo politico — ho ricordato — è diviso, come si dice, trasversalmente. Senza differenze di partiti e di ideologie, c’è chi è favorevole a un indirizzo liberista, a considerare il gioco un’industria del divertimento, collegata al turismo, in grado di produrre lavoro e di apportare alle casse dello Stato tributi fiscali altissimi, come si fa in altri Paesi non meno civili del nostro; e c’è chi considera il gioco esclusivamente come una radice di corruzione e criminalità, di rovina economica e perversioni, di vizi distruttivi delle famiglie. Al momento di varare leggi di apertura (ad esempio, sull’autorizzazione a decine di località turistiche che vorrebbero lanciare nuove case da gioco) il fronte di chi dice di no si compatta immancabilmente; ed è ragionevole sospettare che sia decisiva qualche parolina sussurrata dalla Chiesa.

Il vescovo di Aosta è in una posizione di osservazione privilegiata. Anfossi, infatti, può verificare ogni giorno che la casa da gioco è il polmone finanziario dell’intera regione, con migliaia di dipendenti, e che è amministrata in modo serio, con criteri imprenditoriali e strategie sul turismo, e riesce a fronteggiare le infiltrazioni e le insidie della criminalità, sempre in agguato quando si aprono i rubinetti del denaro. Il vescovo ha risposto con sapienza: con un intervento, di toni alti, ha tenuto una lezione — difficile — sui valori morali universali e individuali, citando Abramo e la Bibbia. La sua posizione, se è corretta una sintesi, è aperta e illuminata: non certo verso ’’il gioco che seduce’’, ma certamente verso ciò che è connesso al gioco, quando rappresenta un’utilità sociale. Una posizione colta, moderna, scettica e innovativa. Aspettando il Papa, nessuno tra coloro che amano e tentano di capire il gioco senza pregiudizi poteva aspettarsi una maggior comprensione.

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